Giacomo Stucchi - Senatore Lega Nord Padania -

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martedì, ottobre 05, 2010

FINI COME OCCHETTO , QUANDO LA STORIA SI RIPROPONE

di Giacomo Stucchi

E’ difficile comprendere perché a poco più di due anni e mezzo dall’inizio della legislatura, durante i quali il governo e la maggioranza di centrodestra hanno messo in cantiere molti provvedimenti utili e innovativi, e affrontato (meglio che in molti altri paesi europei e d'Oltreoceano) la crisi economica mondiale, una pattuglia di parlamentari capitanati dal presidente della Camera dei Deputati decide di tradire il patto con gli elettori e di andarsene per conto proprio. Confesso che, a due mesi dalla rottura di fatto dei finiani con il Pdl, che ha portato alla costituzione di un nuovo gruppo parlamentare alla Camera e al Senato, ancora oggi non ne capisco i reali motivi. Ad eccezione, forse, di quelli che risiedono nell’avere sopravalutato negli ultimi anni le capacità di leader politico di Gianfranco Fini. La sua storia politica, per certi versi, ci ricorda altre mirabili ascese, alle quali poi sono seguite altrettanti rapidi declini. Achille Occhetto, per esempio, fu il segretario che trasformò il Pci in Pds. Così come Fini a Fiuggi dettò una svolta, nell’evoluzione del vecchio Msi in Alleanza Nazionale. Allo stesso modo Occhetto, in occasione della riunione della Bolognina, un quartiere popolare di Bologna, annunciò la necessità di intraprendere "strade nuove" e di trasformare "il partito in una cosa più grande e anche più bella". Cominciò così un percorso che appassionò militanti e simpatizzanti di sinistra, ma che ebbe poi come diretta conseguenza quella di trasformare un partito monolitico come il Pci in uno rissoso come il Pds. La stessa cosa si è ripetuta con Fini, che ha trasformato un partito ideologico e coeso come il Msi, poi diventato Destra Nazionale grazie all’incessante opera di mediazione di Giorgio Almirante, in un grosso calderone come Alleanza Nazionale, dove le correnti, sia pur senza contestare la leadership del capo, hanno cominciato ad avere il sopravvento. Ma più che i destini dei partiti di riferimento, dei quali Fini come Occhetto sono stati allo stesso tempo artefici e carnefici, ciò che più accomuna i due è il fatto di non essersi dimostrati all’altezza delle aspettative che avevano creato. L’uno e l’altro hanno forse dato l’impressione di essere dei grandi leader politici, in grado di innescare dei profondi e significativi cambiamenti nel panorama politico, ma poi alla prova dei fatti hanno mostrato tutti i loro limiti. Le fortune politiche di Occhetto, così come le speranze e le aspettative di tutti coloro che avevano creduto nella sua “svolta”, scemarono definitivamente con le elezioni politiche del 1994. La coalizione della quale il primo segretario del Pds si era fatto promotore, che univa le forze di sinistra (PDS, PRC, Verdi, Partito Socialista Italiano, Alleanza Democratica, La Rete ed altri) con l'obiettivo di conquistare il governo del Paese, si infranse però contro il responso elettorale che vide la sinistra sconfitta dalla coalizione di centro-destra, ed Occhetto dare le dimissioni da segretario del suo partito. Allo stesso modo, la paventata scelta di Fini, e dei parlamentari che lo seguono, di dar vita ad uno nuovo partito del quale al momento, non se conoscono bene nè i programmi nè le finalità, potrebbe costare davvero caro, in termini politici.