Giacomo Stucchi - Senatore Lega Nord Padania -

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martedì, febbraio 07, 2006

LE RETICENZE DI PRODI

di Giacomo Stucchi

Prodi comincia a rivelare qualcosa di quel che vorrebbe fare se malauguratamente tornasse a Palazzo Chigi. Il Professore nel corso di un intervista radiofonica ha proposto, tra l’altro, l’istituzione di un’Autorità indipendente per fare un controllo serio dei conti pubblici. Ebbene, delle due l’una: o Prodi dimentica che esiste la Corte dei Conti, le cui funzioni sono sancite all’art. 100 della Costituzione, oppure ritiene che la suprema magistratura di controllo non faccia bene il proprio dovere. A noi pare che un controllo preventivo di legittimità sugli atti del governo e anche quello successivo sulla gestione del bilancio dello Stato esista già. In particolare, il controllo che la Corte dei Conti esercita ha natura preventiva per quanto riguarda la verifica della legittimità di una serie di atti che non hanno forza di legge (penso ai decreti che approvano i contratti delle pubbliche amministrazioni), mentre un controllo successivo viene esercitato sulla gestione del bilancio e del patrimonio di pubbliche amministrazioni, riferendo annualmente al Parlamento e ai consigli regionali. Peraltro, nella relazione del procuratore generale Vincenzo Apicella, in occasione della cerimonia di inaugurazione dell'anno giudiziario, la magistratura contabile rileva come sia lo spreco la "vera piaga delle pubbliche amministrazioni, in continuo affanno nel perseguimento di risultati contabili" e come siano “in aumento le azioni per danno dovuto a consulenze esterne e incarichi". E’ utile ricordare come le consulenze esterne siano una prassi della pubblica amministrazione per lo più negli enti locali che, nella stragrande maggioranza dei casi, sono retti da giunte di centrosinistra. Pertanto gli sprechi che lamenta la Corte dei Conti non sono da imputare all’azione del governo centrale ma a quella di Comuni e Province. Nel corso della sua intervista Prodi si è poi avventurato anche sul terreno delle riforme, asserendo che non avendo egli nulla da perdere, e neppure un partito di riferimento, non avrà condizionamenti di sorta. A noi pare che la questione stia in ben altri termini. E’ impossibile che il Professore sia talmente sprovveduto da non sapere che i suoi alleati di oggi, che già una volta lo defenestrarono dal governo, al momento opportuno faranno valere la loro forza politica e, soprattutto, il numero dei loro parlamentari. Sappiamo che nei prossimi mesi il leit motiv di Prodi sarà quello di ricordare a Rutelli e Fassino che la legittimazione della sua leadership nel centrosinistra deriva dalle primarie ma quando si tratterà di votare, gli scranni di Camera e Senato saranno occupati da deputati e, se tutto andrà bene, il Professore avrà dalla sua una pattuglia piuttosto sparuta di parlamentari che in nessun modo potrà incidere sull’agenda politica. In altre parole, gli impegni politici che oggi Prodi assume come premier in pectore dell’Unione, domani, ad urne chiuse, varranno quanto il due di coppe quando la briscola è di bastoni. Non è un caso infatti se Prodi si guarda bene dallo spiegare ai cittadini quali potrebbero essere i contenuti di queste riforme. Egli sa che in questo momento ogni proposta, che non sia condivisa anche da una sola parte della sua composita alleanza elettorale, potrebbe far crollare di colpo una coalizione dalle basi di argilla qual è quella dell’Unione. In essa, si spazia dalle posizioni di Rifondazione comunista, che in Liguria ha persino proposto l’esproprio degli appartamenti sfitti per concederli a tariffe agevolate a giovani coppie o agli sfrattati, all’Udeur di Mastella che sui cosiddetti Pacs ha già annunciato non solo di non essere d’accordo ma addirittura di essere disposto a far cascare il futuro governo. Con queste premesse non c’è da stare molto allegri.