Giacomo Stucchi - Senatore Lega Nord Padania -

PENSIERI E IMMAGINI: vi presento il mio blog. Un modo per tenermi in contatto con gli elettori, con gli amici e con tutti coloro che, anche con opinioni diverse dalle mie, desiderano lasciare un loro commento. Grazie.

martedì, febbraio 28, 2017

SOLITE LITI E VANE PROMESSE CON RENZI IN TV

di Giacomo Stucchi
L’ex premier e segretario del Pd, Matteo Renzi, di ritorno dal suo viaggio in California, ha cominciato la sua campagna elettorale per il congresso. Il leitmotiv è lo sconto con gli scissionisti del Pd. Neppure il tempo di comunicare il nome del nuovo partitino della sinistra, infatti, e subito botte da orbi tra i vecchi compagni di partito. Una rissa verbale alla quale il ritorno di Renzi in televisione, in una trasmissione del servizio pubblico, ha dato di certo il suo contributo.
 
 
Ma l’apparizione in tv dell’ex premier ha avuto anche lo scopo di proporre l’introduzione del reddito di lavoro. Un’idea che serve a schiacciare l’occhio alla sinistra, ma anche a conquistare quel voto giovanile che l’ex premier ha perso al referendum dello scorso 4 dicembre.
 
Ma non bisogna farsi ingannare. Perché se è già difficile capire in cosa consista esattamente la proposta, lo è ancor di più spiegare come la stessa possa poi concretizzare e con quali risorse. Un dato, però, è certo: l’ex inquilino di Palazzo Chigi non rinuncia alla propaganda e, soprattutto, non impara dagli errori commessi.
 
La sua idea, se capiamo bene, è quella di distribuire lavoro anziché crearlo. Dopo il Jobs Act, quindi, che non ha portato occupazione stabile ma ha solo drogato il mercato del lavoro con il meccanismo degli sgravi contributivi per le aziende che assumevano, si continua così con l’idea che si possa creare occupazione per legge. Quando, invece, bisognerebbe guardare ad altro per rimettere in moto l'economia. Penso, per esempio, alla diminuzione (vera!) della pressione fiscale, alla semplificazione delle procedure burocratiche o alla razionalizzazione della spesa pubblica.
 
Insomma, tutte cose delle quali Renzi si è sempre disinteressato. Sulla sua proposta, peraltro, sarebbe interessante conoscere il parere del premier, Paolo Gentiloni, e del ministro dell’Economia, Pier Carlo Padoan, che sull’argomento non hanno detto la loro. Lo stesso silenzio governativo che aleggia sul tema della correzione dei conti pubblici chiesta da Bruxelles e che, a tutt’oggi, rimane inevasa.

lunedì, febbraio 27, 2017

27/02/17 - PRESENTAZIONE RELAZIONE ANNUALE DEL DIS SULLA SICUREZZA



giovedì, febbraio 23, 2017

ALTRO CHE IUS SOLI, PENSINO PIUTTOSTO A CHI NON HA UN LAVORO


di Giacomo Stucchi

“Lasciamo il Pd, ma daremo battaglia”, ha detto in televisione Pier Luigi Bersani; ma a cosa esattamente si intendesse riferire non è dato sapere. In realtà la nascita del nuovo partito di sinistra (l’ennesimo!), ma soprattutto del gruppo che potrebbe rappresentarlo in Parlamento, a noi sembra un trasformismo in piena regola.

Ne è una prova il fatto che gli esponenti che dovrebbero fuoriuscire dal Pd hanno già precisato, prima ancora di abbandonare la casa madre, di voler appoggiare il governo in carica; condizionandolo, però, su alcune scelte. Cosa farebbe, allora, questo nuovo gruppo parlamentare qualora il governo non ascoltasse le sue richieste? La logica vorrebbe che facesse di tutto per buttarlo giù ma, trattandosi di esponenti della sinistra, il condizionale è d’obbligo. 

Eppure, per chi avesse davvero a cuore le sorti del Paese, i motivi per mandare a casa Paolo Gentiloni sarebbero tanti.Basti pensare, per esempio, all’incremento del numero di assunzioni a termine. Ovvero a quella tipologia di contratti che dovevano scomparire con l'introduzione del Jobs Act e che, invece, secondo i dati dell’Inps, sono in costante crescita. Un gravissimo problema che, però, non preoccupa il presidente e segretario reggente del Pd, Matteo Orfini, per il quale invece è prioritaria l’approvazione dello ius soli.

E poi ancora, economia ferma al palo, conti pubblici fuori controllo, sistema bancario allo stremo, mancanza totale di sicurezza, zone terremotate abbandonate, sono solo alcuni dei tanti problemi non risolti da un esecutivo che si è ormai specializzato nel tirare a campare. Una “missione” che appare, però, sempre più imbarazzante per il presidente del Consiglio e i suoi ministri, tenuti a galla solo dalla volontà diffusa e trasversale, nei gruppi parlamentari di maggioranza, di non andare al voto; e da un congresso del Pd che tiene ormai in ostaggio il Paese e sul cui epilogo, francamente, non ci importa proprio nulla.

martedì, febbraio 21, 2017

MA QUALI IDEALI, NEL PD SI DIVIDONO SOLO PER LA POLTRONA

di Giacomo Stucchi
I venti di scissione che agitano il Pd non devono trarre in inganno. Sbaglierebbe di grosso, infatti, chi immaginasse dietro a questo scontro una lotta per gli ideali. Dal tono e dai contenuti delle argomentazioni portate avanti dai contendenti la sensazione, invece, è che alla base della divisione ci siano solo delle ragioni di mera sopravvivenza politica. La legge elettorale con la quale si andrà a votare (speriamo quanto prima possibile) alle prossime elezioni politiche sarà infatti, al netto del lavoro che si riuscirà a fare in Parlamento, verosimilmente più vicina al sistema proporzionale. Questo significa che il Pd a vocazione maggioritaria, con tutti dentro pur guardandosi in cagnesco, non ha più nessuna ragione di esistere. I bersaniani, infatti, sanno perfettamente che un Renzi vincitore del prossimo congresso molto difficilmente li rimetterebbe nelle condizioni di essere eletti; e comunque, anche nel caso in cui lo volesse fare, non ci sarebbero più i posti per accontentare tutti. Ecco spiegato il motivo per cui la minoranza, prima di essere estromessa, cercherà probabilmente di crearsi un piccolo partito di sinistra che serva alla bisogna. Degli interessi del Paese, che nonostante tutto continua ad essere guidato da un presidente del Consiglio del Pd, al quale adesso comincia a traballare la poltrona per il timore che gli possano mancare i numeri parlamentari, alla futura forza politica di sinistra non può importare di meno. Ciò che conta, per loro, è la mera sopravvivenza politica. Al governo Gentiloni, quindi, che non aveva abbastanza credibilità politica già prima, figuriamoci adesso che il più grande partito della sua maggioranza guarda alla scissione, non resta che trarne le dovute conclusioni. Continuare a rimanere asserragliati a Palazzo Chigi può forse servire a lor signori a mantenere la cadrega ancora per un po’, ma non certo a fare l'interesse del Paese.

giovedì, febbraio 16, 2017

MENTRE L'ASSISE DEI MILLE LITIGA I CITTADINI PER BENE AFFOGANO

di Giacomo Stucchi
Ma vi pare una cosa possibile che le risposte che milioni di persone attendono su economia, sociale e sicurezza, dipendano dagli umori dei dirigenti del Pd? Dopo la direzione di lunedì scorso, che aveva sancito l’avvio delle procedure congressuali, adesso in quel partito si sono inventati la conferenza programmatica che precederà l'assemblea nazionale di mille delegati per decidere se, quando e come, una parte del partito manderà a quel paese il segretario dimissionario e se ne andrà per la propria strada. Nei palazzi della politica romana i parlamentari della maggioranza pensano soprattutto alle vicende del Pd, alle sue correnti, al segretario che si dimetterà, a quelli che vorrebbero prendere il suo posto, ma nessuno lavora seriamente a uno straccio di proposta di legge elettorale per portare presto e bene il Paese alle urne. Meno che meno qualcuno, nel governo e nella maggioranza che lo tiene in vita, è disposto ad occuparsi di provvedimenti economici in grado di aiutare chi non riesce più ad andare avanti. Cittadini impotenti e vessati sono così costretti, per rivendicare loro diritti, ad andare a protestare sotto i palazzi del potere. Come nel caso di Giuseppe Effendi, il 46enne bergamasco venuto a Roma per far sentire la sua voce contro le ingiustizie subite da una multinazionale che gli ha tolto il suo distributore di benzina portato avanti, insieme a suo padre Leone, in vent’anni di duro lavoro. Io mi chiedo che Paese è mai questo? E come possono definirsi coloro che governano senza tutelare i cittadini che pagano le tasse, non delinquono e sono rispettosi delle legge, eppure devono recarsi sotto i palazzi della politica romana per far sentire la loro voce? A Palazzo Chigi esultano e strombazzano per miseri risultati dello zero virgola, ma tacciono dinanzi a una pressione fiscale asfissiante che impedisce a un cittadino onesto di portare avanti una qualsiasi piccola attività, che però serve a mantenere decine di migliaia di immigrati clandestini. Noi pensiamo che la misura sia colma, ma l'assise dei mille continuerà ad occuparsi di congressi e conferenze nell’illusone di parlare ad un elettorato che, però, da tempo non li ascolta più e non vede l’ora di mandarli tutti a casa.

martedì, febbraio 14, 2017

UN PREMIER OMBRA TIENE IL PAESE FERMO AL PALO

di Giacomo Stucchi
In un Paese normale non sarebbe consentito che una continua rissa all’interno di un partito, sia pur di maggioranza relativa, paralizzi la vita politica e istituzionale. In tal senso i lavori della direzione del Pd non hanno certo contribuito a fare chiarezza e non devono trarre in inganno circa il loro esito. La sensazione, infatti, è che l’ex premier, pur di mantenere il controllo del partito e mettere nell’angolo la minoranza, sia stato costretto a farsi mettere sotto tutela dalle varie correnti. Vedremo cosa accadrà nei prossimi giorni ma il rischio di un caos totale, con l’avvio delle procedure congressuali del Pd che si intrecceranno inevitabilmente con l’attività legislativa e di governo, appare molto concreto; ed è molto probabile che l’attuale premier, che vive sin dal suo primo giorno a Palazzo Chigi una sorta di commissariamento, troverà sempre più difficoltà nell’assumere decisioni degne di nota. Soprattutto sul fronte economico, dove la situazione rimane drammatica. Gli strilli di tromba governativi per le stime Pil del 2016 non possono infatti cancellare la realtà di un’economia che non cresce abbastanza, soprattutto rispetto agli altri Paesi europei. Basti pensare alla correzione dei conti pubblici chiesta da Bruxelles. Le previsioni invernali dell’Ue fissano una stima di crescita per l'Eurozona dell'1,6% quest'anno e dell'1,8% il prossimo, ma per il nostro Paese siamo sempre allo zero virgola; anzi, per l’esattezza, 0,9% del Pil nel 2017. Frutto delle fallimentari politiche economiche e sociali dei governi a guida Pd. Un esecutivo nel pieno delle sue funzioni, che non avesse un premier ombra a guidarlo, per risolvere la questione avrebbe già eliminato le inutili marchette elettorali di renziana memoria; e invece da giorni si tergiversa per trovare la soluzione, senza sapere esattamente dove andare a parare. Chissà, forse Renzi non vuole che il governo metta minimamente mano ai conti pubblici perché, dopo le sue manovre economiche in deficit, potrebbero crollare come un castello di carte.

giovedì, febbraio 09, 2017

IL PD TIENE IL PAESE IN STALLO

di Giacomo Stucchi
È inutile girarci intorno con le parole, fino a quando le diverse correnti che si guardano in cagnesco all’interno del Pd non si metteranno d’accordo la situazione politica non si sbloccherà. Al di là dei passaggi importanti, come la pubblicazione delle motivazioni della sentenza con la quale la Consulta ha in parte bocciato l’Italicum, la verità è che tutto rimane bloccato perché nel Pd nessuno si fida dell’altro; e non potrebbe essere diversamente considerato che è stato proprio l’ex premier Renzi, con l’ormai famoso “stai sereno Enrico”, ad inaugurare in questa legislatura la stagione delle congiure. A fare le spese di questa situazione di stallo sono i cittadini che, oltre alla paralisi politica, si trovano anche a pagare i conti della politica renziana. Come accaduto con l'approvazione della legge per il salvataggio delle banche, con la quale tra l'altro non saranno resi i nomi di chi le ha affossate, e coi famosi 80 euro che, con un costo di circa 10 miliardi di euro ogni anno, non sono serviti a risollevare l’economia ma sono stati confermati anche per il 2017 perchè servivano a Renzi per vincere il referendum. Sappiamo com’è andata e sappiamo anche che sono oltre 4 milioni le persone che nel nostro Paese vivono in condizioni di povertà assoluta, alla faccia delle politiche sociali del Pd. Insomma, se il governo-fotocopia di Gentiloni si appresta a varare una correzione dei conti, obbedendo ai diktat dell’Ue, è anche perché nei mesi scorsi l’esecutivo che lo ha preceduto ha sperperato miliardi di euro raschiando il fondo del barile del bilancio. Ma il paradosso è che, ieri come oggi, è sempre Padoan a tenere i cordoni della borsa! Siamo al delirio, il ministro del Tesoro che solo un paio di mesi fa è rimasto silente dinanzi alle dissennate politiche economiche e sociali varate da Renzi è lo stesso che si appresta a introdurre nuove tasse.

martedì, febbraio 07, 2017

IL PARTITO DEL "NON VOTO" LAVORA A PIENO REGIME


di Giacomo Stucchi

“Lasciare al governo Gentiloni la possibilità di fare delle cose” è ormai un mantra per chi vuole la continuazione della legislatura a tutti i costi. Ma che cosa esattamente dovrebbe fare un esecutivo fotocopia di quello che lo ha preceduto, rimasto al suo posto per tre anni ma costretto alle dimissioni dalla bocciatura popolare del referendum dello scorso 4 dicembre, non è dato sapere. A parte provvedimenti a favore di qualcuno, come il decreto salva-banche all'esame del Senato, che non fa chiarezza sui grandi debitori di Mps, su occupazione, riforme, in primis quella elettorale, sicurezza, o su una nuova politica per combattere l’immigrazione clandestina, a Palazzo Chigi nessuno dice in concreto quali provvedimenti adottare. Si rimane sempre nel limbo delle buone intenzioni che, però, non diventano mai fatti. Viene da pensare che si sia ormai costituito, di fatto, un partito trasversale del “non voto” intenzionato ad aspettare più che a fare. La pubblicazione delle motivazioni della sentenza con la quale la Consulta ha in parte bocciato l'Italicum è di certo un passaggio importante; ma niente, tuttavia, avrebbe vietato di cominciare il dibattito parlamentare sulla legge elettorale anche prima. Com'è noto la Lega Nord è per le elezioni anticipate il più presto possibile ma altre forze politiche preferiscono continuare a discutere di legge elettorale solo nei salotti televisivi o nelle interviste rilasciate ai giornali. Premio alla lista o alla coalizione, collegi grandi o piccoli, liste o capilista bloccati, insomma si discute di tutto pur di scongiurare una rapida approvazione di un nuovo sistema di voto; e si perdono di vista i veri problemi del Paese che invece andrebbero affrontati con un nuovo governo pienamente legittimato dal voto popolare. La verità è che alcuni pezzi del Pd, e i centristi della maggioranza, vedono nelle elezioni un evento disastroso da evitare come la peste; e il partito del "non voto" cerca di incutere nell'opinione pubblica ingiustificate paure e inesistenti incertezze pur di allontanare le urne, mentre in realtà i cittadini dovrebbero temere di più la prosecuzione del governo in carica visto che nuove tasse e balzelli sono già all'orizzonte.

giovedì, febbraio 02, 2017

UN ATTO DI RESPONSABILI

di Giacomo Stucchi
Accelerare in Parlamento per rendere uniformi i sistemi elettorali di Camera e Senato, così come richiesto dal presidente Mattarella per essere messo nelle condizioni di sciogliere le Camere, è un atto di responsabilità che si deve al Paese. Si tratta, in primo luogo, di mettere dinanzi ai propri obblighi tutte quelle forze parlamentari che, sul tema della riforma elettorale e non solo, vogliono tirarla alle lunghe pur di rimanere incollati alle poltrone. Bisogna fare una buona legge elettorale, certo, ma anche impedire di portare avanti la solita melina sulla pelle dei cittadini. Abbiamo un Paese con tanti problemi, ereditati o ingigantiti dall’azione di governi a guida Pd, e alla luce dei risultati, con l'economia che non riparte, l’occupazione giovanile alle stelle (unico caso in Europa!), lo spread tornato a salire, il sistema bancario che traballa,  l'elettorato ha il diritto di esprimersi per dire da chi vuole essere governato nei prossimi anni. Non è con qualche mese in più di legislatura che si risolve, per esempio, il difficile contenzioso con l'Unione europea; e nemmeno con la permanenza al governo di Gentiloni e dei suoi ministri. Basta pensare alla lettera inviata da Padoan a Bruxelles, per rispondere alle richieste europee di una correzione sulla manovra 2017, per rendersi conto di come andando avanti così i tanti problemi rimasti irrisolti resteranno ancora sul tappeto. Che dire, poi, dei problemi sul fronte dell’immigrazione? Negli ultimi tempi molti immigrati richiedenti asilo, che sono ospitati nei centri di accoglienza e che vivono a carico dei contribuenti, si sono resi protagonisti di numerosi atti di violenza e criminalità. Non si tratta di episodi isolati ma di atti sistematici verificatesi in diverse città. Perchè dobbiamo continuare ad ospitare questa gente che non rispetta le nostre leggi e che, nella grande maggioranza dei casi, non è nemmeno nelle condizioni di chiedere asilo? Troppo comodo venire nel nostro Paese per essere mantenuti e fare ciò che si vuole, occorre porre un argine a difesa delle nostre comunità prima che la situazione degeneri.