Giacomo Stucchi - Senatore Lega Nord Padania -

PENSIERI E IMMAGINI: vi presento il mio blog. Un modo per tenermi in contatto con gli elettori, con gli amici e con tutti coloro che, anche con opinioni diverse dalle mie, desiderano lasciare un loro commento. Grazie.

martedì, dicembre 27, 2016

27/12/16 - ALBINO - Bèrghem Frècc






giovedì, dicembre 22, 2016

VOGLIONO TENERE IL PAESE NEL LIMBO

di Giacomo Stucchi
Il no del Pd, del M5s e di Forza Italia alla proposta della Lega Nord di lavorare in Parlamento anche per le festività natalizie è significativo; e la dice lunga sulla reale volontà di alcuni partiti, o parte di essi, di mettere mano presto e bene alla nuova legge elettorale per andare al voto il più presto possibile. Se l'orizzonte di quel che rimane della legislatura in corso è una nuova legge elettorale, che renda omogenei i sistemi di voto di Camera e Senato, perché non si comincia a lavorare subito al raggiungimento di questo obiettivo? L’impressione è che al di là delle parole e dei proclami nessuna forza politica, ad eccezione della Lega Nord, voglia davvero accelerare su questa strada. L’attesa del parere della Consulta, previsto per il prossimo 24 gennaio, sembra peraltro un pretesto per allungare i tempi, considerato che la decisione riguarderà l’Italicum; e non altri sistemi elettorali, come per esempio il Mattarellum, sui quali invece le forze politiche potrebbero da subito iniziare a confrontarsi. Eppure, di motivi che suggerirebbero di dare al Paese un nuovo Parlamento e un nuovo governo pienamente legittimati dal voto popolare, ce ne sarebbero parecchi. A cominciare dall’esito del referendum dello scorso 4 dicembre che, senza ombra di dubbio, ha sancito la volontà della maggior parte dei cittadini di volere andare a votare al più presto. In secondo luogo, ci sono poi le condizioni e gli scenari, interni e internazionali, che non possono che portare alla logica conclusione di avere quanto prima possibile una leadership forte, in grado di affrontare le sfide che ci attendono. Il 2017, infatti, verosimilmente sarà un anno complicato, con vecchi problemi che si sommeranno ai nuovi. Nessuno si illuda, quindi, di poter rimanere a galleggiare per mesi e mesi. Non permetteremo al governo Gentiloni, o alle forze politiche che intendessero fargli da stampella, di tenere il Paese nel limbo, in attesa che si creino condizioni più convenienti per qualcuno.

martedì, dicembre 20, 2016

IL GOVERNO GENTILONI AVAMPOSTO DEL RENZISMO AL POTERE

di Giacomo Stucchi

Dopo il voto referendario per Renzi niente è più come prima. Abbiamo visto tutti come, una volta uscito dal Palazzo, l’ex premier abbia perso completamente la bussola. Prima ha cercato di andare subito alle urne con le leggi elettorali disponibili e con il suo governo in carica per gli affari correnti. Poi, dopo il diniego del Quirinale, ha condotto consultazioni parallele a quelle ufficiali del presidente della Repubblica e, come se non bastasse, ha tentato di porre un limite temporale e politico al nuovo governo, condizionandone la composizione con esponenti di sua fiducia. Insomma, tanta schizofrenia politica si spiega solo con la rabbia dell’ex premier per la sconfitta elettorale subita ma anche con la smania di riconquistare al più presto quanto perduto. Ma il Renzi post referendum non ha più certezze su nulla e anche nel Pd, ovvero il partito di maggioranza relativa che in Parlamento detiene un numero di deputati senza i quali è impossibile approvare alcunché, le idee non sembrano essere per niente chiare. Nel frattempo il governo Gentiloni, oltre a essere l'avamposto del renzismo al potere, serve anche per mettere una pezza (oltre che miliardi di euro) ai tanti problemi che la vecchia-nuova maggioranza ha lasciato irrisolti. La vicenda Mps è emblematica. La crisi era nota da tempo ma Renzi e Padoan hanno sempre detto di voler puntare al mercato per una soluzione, sapendo bene quanto questa strada fosse improbabile. Ma era tempo di campagna elettorale referendaria, di promesse iperboliche, di patti per lo sviluppo da firmare in pompa magna in quante più città possibili; e non era quindi né bello né utile dire ai cittadini come stavano davvero le cose. Adesso ha provveduto Gentiloni a farlo, convocando il Consiglio dei ministri e chiedendo di aumentare l’indebitamento di 20 miliardi di euro per un eventuale intervento sulle banche, non solo Mps, in caso di un loro fallimento. Ma Padoan non aveva detto che il sistema bancario era solido?

giovedì, dicembre 15, 2016

LE TRAME DI RENZI CI PORTANO ALLO SFACIO

di Giacomo Stucchi
In Gran Bretagna il premier David Cameron si è dimesso un istante dopo l'esito a lui sfavorevole del referendum sulla Brexit, dando un esempio di che cosa significhi il rispetto della democrazia. Nel nostro Paese, invece, l’ex presidente del Consiglio e attuale segretario del Pd Matteo Renzi, che in un centinaio di occasioni pubbliche aveva annunciato il suo ritiro dalla scena politica in caso di sconfitta al referendum costituzionale, ha fatto solo finta di sloggiare dal Palazzo. Perché, ancorché sfiduciato dal voto di 20 milioni di cittadini, non solo non sparisce dalla politica ma trama e tesse le fila, prima per insediare un governo fotocopia dell’uscente e poi per condizionarlo in modo subdolo. La cosa più preoccupante, però, è che dopo aver messo il Paese in una situazione di stallo, senza neppure una legge elettorale omogenea tra le due Camere, le trame di Renzi per cercare di tornare a Palazzo Chigi potrebbero avere ulteriori conseguenze negative per il Paese. Come dimostra la dichiarazione di un ministro uscente e rientrante, quello del Lavoro Giuliano Poletti, circa la data in cui svolgere il referendum sul Jobs Act. "Se si vota prima del referendum – ha detto infatti il ministro - il problema non si pone. Ed è questo, con un governo che fa la legge elettorale e poi lascia il campo, lo scenario più probabile". Parole sconsiderate che fanno capire come l’intenzione di Renzi sia solo quella di tirare a campare condizionando il governo Gentiloni e poi, tra qualche mese, portare il Paese alle urne per impedire ai cittadini di esprimersi sul Jobs Act. Il voto per le Politiche a giugno, infatti, farebbe slittare di un anno quello referendario. E’ evidente che ormai la semplice parola referendum fa tremare dalla paura i renziani, ma ammettere di volere il voto politico solo per evitare una nuova batosta referendaria è inammissibile. Anche perchè le richieste relative a tre referendum abrogativi del Jobs Act, proposti dalla Cgil, sulle quali la consulta si esprimerà a partire dal prossimo 11 gennaio sono sottoscritti da 3 milioni di cittadini; e ignorarli, più che una caduta di stile, a noi sembra davvero l’ultima spiaggia del renzismo. La verità è che Renzi considera una vera e propria sciagura un eventuale referendum sulla riforma del lavoro perchè solleverebbe il vaso di Pandora su un’altra delle sue “perle” legislative che, tra modifica dell’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori e introduzione dei voucher, più che modificare il mercato del lavoro lo ha ridotto ad un suk; nel quale peraltro ad avere la peggio è sempre il lavoratore. Ecco perchè, per quanto ci riguarda, la soluzione migliore per uscire da questa situazione rimane quella di andare a votare subito, con qualsiasi sistema elettorale.

martedì, dicembre 13, 2016

L'ULTIMO GIRO DI VALZER


di Giacomo Stucchi

Il governo Gentiloni, che vede confermati gran parte dei ministri uscenti, è uno schiaffo bello e buono al responso referendario del 4 dicembre. In quell’occasione, infatti, gli elettori hanno certamente inteso bocciare una proposta di riforma costituzionale, ma hanno anche ritenuto inadeguata l’attività di un governo rimasto al suo posto per più di mille giorni. Di tutto questo l'ex presidente del Consiglio se n’è infischiato, facendo solo finta di fare gli scatoloni e mesti ritorni a casa; e conducendo invece vere e proprie consultazioni parallele a quelle del Capo dello Stato, per lasciare a presidio del palazzo e del potere i suoi uomini e le sue donne più fidati. La composizione del governo Gentiloni lascia poi basiti anche per alcune scelte, che sfuggono infatti al buon senso per rispondere solo alla più spudorata logica della spartizione di potere. A questo punto la nostra richiesta di voto subito, fatta già all’indomani del voto referendario per dare seguito alla chiara manifestazione popolare di agire in tal senso, diviene oggi ancora più categorica e serve anche ad impedire a una simile compagine di governo di fare danni irreparabili. Altro che rottamatori, questi sono degli occupatori di poltrone senza pari! Renzi e la Boschi avevano promesso di ritirarsi a vita privata se avessero perso la sfida referendaria; e invece sono ancora lì a controllare, direttamente o per interposta persona, la gestione di un potere che non intendono mollare per nessuna ragione al mondo. Ma non si illudano sulla possibilità di rimanere a Palazzo Chigi ancora per molto, né in questa legislatura né nella prossima. La loro permanenza nelle stanze dei bottoni è solo l’ultimo giro di valzer, prima di sparire definitivamente dalla scena.

mercoledì, dicembre 07, 2016

UN PREMIER DA REPUBBLICA DELLE BANANE

di Giacomo Stucchi
Il “capolavoro” politico di Renzi è sotto gli occhi di tutti. La sua incommensurabile presunzione lo ha portato a fare approvare dal Parlamento una nuova legge elettorale ma solo per la Camera, l’Italicum appunto, nella convinzione che la sua schiforma sarebbe stata sicuramente approvata dai cittadini; e con essa tutte le modifiche costituzionali, come quella della trasformazione del Senato. Come tutti sanno, però, le cose non sono andate così e adesso il caos che ne deriva è una roba da Repubblica delle banane. La decisione della Consulta di pronunciarsi sull’Italicum quasi alla fine di gennaio, ancorché motivata dalle ragione addotte dalla Corte, rischia però di provocare una profonda spaccatura tra Paese legale e Paese reale. Non sono forse bastati 30 milioni di cittadini alle urne, di cui 20 milioni a sfiduciare il governo Renzi, a convincere il Palazzo dell’improrogabile necessità di tornare al voto? Ormai dal lontano 2011, da quando fu defenestrato il governo Berlusconi, non abbiamo più avuto un governo che fosse una vera espressione della volontà popolare. E’ vero che nel nostro sistema i governi nascono e muoiono in Parlamento, ma la volontà popolare non può essere tradita. Si apra quindi la strada per consentire ai cittadini il libero esercizio del voto e si venga incontro a una richiesta che proviene da quasi tutte le forze politiche. Si vada alle urne quindi e si scriva la parola fine alle strategie renziane, che hanno già fatto abbastanza danni al Paese e alle istituzioni. Le tattiche di renzi, non certo dettate dalla volontà di dare delle risposte concrete ai problemi del Paese, ma piuttosto dalla contingente necessità di non dare ai suoi oppositori il tempo di organizzarsi, non interessano più nessuno.

martedì, dicembre 06, 2016

RENZI MESSO ALL'ANGOLO DALLA SBERLA REFERENDARIA

di Giacomo Stucchi

Il risultato del voto referendario è stato talmente significativo da avere delle conseguenze che nessuno può ignorare. 1 - Mai più riforme costituzionali che non siano il frutto di una condivisione quanto più larga possibile tra tutte le forze politiche. 2 - Totale attenzione alle vere necessità dei cittadini. Oggi come ieri la priorità non è cambiare la Costituzione ma creare posti di lavoro, ridurre le tasse, controllare l’immigrazione, istituire nuovi rapporti con l’Ue. 3 - Voto subito per dare al Paese un nuovo governo che non sia frutto dei soliti inciuci di palazzo, ai quali il Pd è ormai abituato, e che sia in grado di affrontare le sfide interne ed esterne . 4 – No alla riforma Renzi-Boschi ma anche al governo che l'ha proposta e che ha fatto perdere al Parlamento tre anni di tempo. Renzi lascia sul campo tante di quelle macerie che non sarà facile rimuoverle e che richiedono quindi un intervento immediato. In questi anni di renzismo ci siamo sempre sforzati di denunciare e sottolineare le contraddizioni di un governo che ha scambiato l’attività costituente e quella legislativa con il baratto politico, e che non ha affrontato invece i tanti problemi sul tappeto. Il risultato è che chiunque verrà dopo il premier troverà dei problemi enormi da superare. Soltanto con una seria politica economica, che abbassi davvero le tasse e razionalizzi la spesa pubblica, sarà possibile risalire la china e far ripartire il Paese. L’impressione però è che alla vittoria del No il Pd, partito di maggioranza relativa, che ha fatto il bello e il cattivo tempo della politica negli ultimi anni, voglia anteporre i propri interessi a quelli dei cittadini; e sullo sfondo della crisi politica, che si è aperta con la sberla data a Renzi dagli elettori, si profila all’orizzonte l’ennesima resa dei conti. 

venerdì, dicembre 02, 2016

02/12/16 - SPINO D'ADDA - INCONTRO PUBBLICO LEGA NORD SU REFERENDUM



02/12/16 - BERGAMO - Conferenza stampa su referendum.


giovedì, dicembre 01, 2016

01/12/16 - SCUOLA DI FORMAZIONE DIS


CON IL NO PER UNA SCELTA DI BUON SENSO


di Giacomo Stucchi

Basterebbero le dichiarazioni del ministro delle finanze tedesco Schauble, "se potessi voterei Sì al referendum", per capire a chi interessa davvero la schiforma Renzi-Boschi e convincere anche i più indecisi a schierarsi dalla parte del No. Così come basterebbero le parole di Renzi sui futuri senatori, che a suo dire saranno ancora eletti dai cittadini, per capire come ormai la bugia sia la sua unica arma. Il premier ha tirato fuori persino una scheda che non esiste, visto che il fac-simile che ha mostrato non potrebbe essere neanche predisposto poiché manca la legge elettorale da cui dovrebbe scaturire. Forse a causa della stanchezza, o dello stress di questi ultimi giorni di campagna referendaria (che lo vedono far comizi praticamente ovunque, anziché occuparsi dei problemi del Paese), l’impressione è che il premier stia cominciando davvero a perdere un po' di lucidità. Chi vota No, invece, non deve essere né stanco né convinto di avere la vittoria in tasca, perché le ultime ore di campagna elettorale sono quelle più difficili e servono a convincere gli indecisi sulle buone ragioni del No. Basti pensare, per esempio, alle conseguenze della riforma del Titolo V varata dalla sinistra nel 2001. Anche allora ci dissero che quella riforma sarebbe stata la panacea di tutti i mali; e invece ci sono voluti ben quindici anni e quattro legislature per cercare di dipanare i molti dubbi e le incertezze che la sinistra ha sempre disseminato lungo il cammino del processo di decentralizzazione amministrativa nel nostro Paese. Quindici anni durante i quali più volte la Corte Costituzionale è dovuta intervenire con le sue sentenze per sollecitare il cammino, più volte interrotto, delle azioni concrete nella definizione dei rapporti tra Stato e Regioni, e per risolvere gli innumerevoli casi di contenzioso sulle materie concorrenti. Dopo tutto questo tempo, e tutti gli sforzi fatti per superare le varie fasi di stallo, adesso Renzi e il Pd intendono risolvere il problema delle materie concorrenti semplicemente cancellandole. Uno Stato centralista che detiene tutte le competenze, utilizzando la foglia di fico del Senato delle autonomie, e il potere nelle mani di pochi, è quindi il futuro che Renzi ci prospetta. Per chi, come il sottoscritto, da anni si batte per l’attuazione di un reale decentramento (che però nel nostro Paese non ha mai visto davvero la luce) si tratta di una follia; ma dovrebbe esserlo anche pure per tutte le persone di buon senso che il prossimo 4 dicembre non potranno che scegliere il No