sabato, aprile 30, 2016
venerdì, aprile 29, 2016
giovedì, aprile 28, 2016
SULLE REGIONI UNA RIFORMA DA DR. JEKYLL E MR. HYDE
di Giacomo Stucchi
Premesso che sarebbe interessante capire se il governo ritiene l’esito
del referendum costituzionale di ottobre significativo o meno per la sua stessa
esistenza, visto che sul tema si cambia opinione con molta facilità, restano
sul campo le incongruenze di una riforma che fa acqua da tutte le parti. Nel
merito e seguendo la falsariga del documento presentato dai costituzionalisti,
contenente critiche circostanziate alla riforma, c’è da sottolineare come
“l’obiettivo di un superamento del cosiddetto bicameralismo perfetto, e
dell’attribuzione alla sola Camera dei deputati del compito di dare o revocare
la fiducia al Governo, sia stato perseguito in modo incoerente e sbagliato”.
Premesso che la Lega Nord non si è mai opposta a una riforma che mirasse a
migliorare l’efficienza legislativa del nostro sistema parlamentare, qui, però,
siamo davvero alla totale incoerenza da parte del governo, un pò da dr.
Jekyll e Mr. Hyde. Da un lato, infatti, si sostiene di voler dar vita a un
Senato espressione delle istituzioni regionali, con poteri necessari e idonei
a realizzare un vero dialogo e confronto fra Stato centrale e rappresentanze
regionali; dall’altro lato, però, il nuovo Senato previsto dalla riforma viene
estremamente indebolito senza avere né le funzioni né le competenze essenziali
per porre in essere un concreto regionalismo. Sicché l’impressione è che i
costituzionalisti renziani abbiano vsolo generato grande confusione: depotenziare il Senato, mettendolo nelle condizioni di non avere poteri
effettivi nell’approvazione di molte delle leggi più rilevanti per l’assetto
regionalistico, né funzioni che ne facciano un valido strumento di concertazione
fra Stato e Regioni; impedire che a Palazzo Madama possano esprimersi le Regioni
in quanto tali ma solo alcuni consiglieri regionali, eletti anche come senatori,
che sovrapporrebbero così i due ruoli ma, soprattutto, risponderebbero più ai
partiti che all’elettorato.
martedì, aprile 26, 2016
UNA RIFORMA DIVISIVA
di Giacomo
Stucchi
Se il governo avesse
preso in considerazione i pareri di tutte le forze politiche presenti in
Parlamento, dando vita a una vera fase costituente fatta di sintesi e non di
minacce, forse la riforma costituzionale Renzi-Boschi oggi non avrebbe tanti
autorevoli pareri contrari. Il fatto che costituzionalisti di prim’ordine
avanzino dei dubbi circostanziati e non strumentali sulla validità della
riforma, dovrebbe rendere evidente a tutti che qualcosa non è andato per il
verso giusto nei molti mesi in cui il Parlamento è stato impegnato per riformare
la carta costituzionale. Nello stesso periodo in più di un intervento, fuori e
dentro l’aula di Palazzo Madama, ho sottolineato i limiti, le storture, le
forzature di una maggioranza parlamentare, variabile e incoerente, messa insieme
solo per raggiungere il numero di parlamentari necessari ad approvare la
riforma. Non sono stupito, quindi, dalla decisione di una cinquantina di
giuristi di mettere nero su bianco in un documento le loro critiche alla
riforma costituzionale; e anzi penso che sia positivo che siano loro a mettere
in guardia i cittadini su alcuni aspetti che non vanno in una riforma che si
annuncia già come una “potenziale fonte di nuove disfunzioni del sistema
istituzionale”. Condivido, inoltre, la preoccupazione “per il fatto che il
testo della riforma – ascritto ad una iniziativa del Governo – si presenti ora
come risultato raggiunto da una maggioranza prevalsa nel voto parlamentare
anziché come frutto di un consenso maturato fra le forze politiche; e che ora
addirittura la sua approvazione referendaria sia presentata agli elettori come
decisione determinante ai fini della permanenza o meno in carica di un Governo.
La Costituzione, e così la sua riforma, sono e debbono essere patrimonio comune
il più possibile condiviso, non espressione di un indirizzo di governo e
risultato del prevalere contingente di alcune forze politiche su altre”.
Insomma, già nella premessa del documento dei costituzionalisti, ce n’è
abbastanza per rendere chiaro a tutti quanto sia importante andare al
referendum votando con la testa, non con la pancia.
venerdì, aprile 22, 2016
giovedì, aprile 21, 2016
QUEI MESI ALLA GUIDA DEL GOVERNO CHE NON SERVONO A NESSUNO
di Giacomo Stucchi
Al di là delle questioni
interne al PD, unico partito di governo al mondo capace di litigare anche su
provvedimenti già approvati in Parlamento, come sta accadendo per la mancata
firma degli esponenti della sinistra dem alla richiesta di referendum
confermativo voluta da Renzi, la cosa che più interessa ai cittadini, avulsi
dalle beghe di palazzo e dalle conte interne ai partiti di potere, e' sapere
cosa farà di concreto il governo nel breve periodo. L'impressione è che a
riguardo il premier abbia intenzione di galleggiare sei mesi, quanti ne passano
da oggi alla celebrazione del referendum sulla riforma costituzionale, senza
fare alcunché oltre a cimentarsi nelle solite chiacchiere alle quali, purtroppo,
ci ha ormai abituato. Riguardo poi alle dinamiche internazionali, dalla Brexit
alle politiche economiche e finanziarie dell'Ue, per non parlare dell'approccio
al fenomeno dell'immigrazione clandestina sul quale adesso abbiamo avuto
un'altra "perla di saggezza" con la lettera di Juncker al premier, il Paese
continua ad essere in balia degli eventi senza avere alcuna voce in capitolo.
Sul fronte interno, apprendiamo dai giornali che le prossime mosse del governo
potrebbero essere quelle di incrementare o estendere il bonus già "elargito" a
una platea di contribuenti e alla base, anche secondo il parere di numerosi
autorevoli osservatori, del risultato elettorale del Pd alle elezioni europee
del 2014. Da allora ad oggi, però, di acqua sotto i ponti della politica e
dell'economia ne è passata tanta. In particolare Renzi non ha saputo sfruttare
le favorevoli congiunture economiche, dal ribasso del prezzo del petrolio alla
politica monetaria della Banca europea, mostrandosi incapace di mettere a frutto
queste condizioni, che secondo molti analisti potrebbero presto volgere al
termine, per rilanciare davvero l'economia. Pensare ad una lunga campagna
elettorale sulla riforma costituzionale, con in primis le fazioni interne al PD,
e poi quelle tra partiti all'interno del governo, a litigare su legge elettorale
e quant'altro, al solo e unico scopo di approvare riforme che assicurino un
posto al sole alle forze politiche coalizzate attorno a Renzi, è pura follia.
Bisogna da subito intervenire per affrontare l'emergenza economica (per
risolvere la quale non c'è traccia di soluzioni concrete nel Def recentemente
approvato dal Consiglio dei Ministri e fatto per lo più di aria fritta)
attraverso una riduzione seria delle aliquote fiscali; favorire un rilancio
serio dell'occupazione abolendo la legge Fornero, che impedisce ai
lavoratori di andare in pensione e ai giovani di trovare un lavoro; e prendere di
petto, finalmente, il pericolosissimo fenomeno dell'immigrazione di massa che
ormai è costantemente riversato sulle nostre coste. Nascondere la polvere sotto
il tappeto, e far finta per i prossimi sei mesi che tutti questi problemi non
esistano, è una grossa responsabilità che sia il premier sia il governo si
assumono e della quale dovranno rispondere ai cittadini.
martedì, aprile 19, 2016
CON RENZI A PALAZZO CHIGI L'UNICA CERTEZZA E' IL DUBBIO
di Giacomo
Stucchi
Quanto detto dal
ministro dell'Economia Pier Carlo Padoan, in audizione sul Def, ovvero che
"l'occupazione migliora, i conti pubblici migliorano e la pressione fiscale
scende" grazie a "una politica fiscale rigorosa e misure espansive e riforme
strutturali" , e' una narrazione della situazione del nostro Paese molto lontana
dalla realtà. Perché nell'Italia guidata da Renzi le cose che non vanno sono
davvero tante. Basti pensare, solo per restare alla cronaca, al 730
precompilato, dove tra farmaci e mobili mancano decine di voci in detrazione,
che sono poi l’unico modo per il contribuente per poter recuperare qualche
spicciolo dopo il salasso dei prelievi fiscali, o al Concorsone della scuola
con le sedi dei test cambiati all’ultimo momento a causa di grossolani errori e
il conseguente disagio per migliaia di candidati che avevano già speso dei soldi
per le prenotazioni del viaggio e dell’alloggio. Tante inefficienze, quindi, al
punto che viene da osservare che l’unica certezza per i cittadini rimane quella
del dubbio. E pensare che Renzi ha preso il posto di Letta a Palazzo Chigi per
“fare le cose”. Persino sulle ormai famose buste arancioni dell’Inps, che
dovrebbero informare in anticipo i lavoratori circa l’entità del loro assegno
pensionistico, sembra che non ci si possa contare più di tanto visto che i
calcoli si baserebbero su previsioni del Pil poco attendibili. Insomma, con
l’ex sindaco di Firenze al governo ormai non c’è, purtroppo, da meravigliarsi
più di tanto per i tanti strafalcioni e pasticci burocratici che recano,
direttamente o indirettamente, la sua firma. E non stupisce neppure che il
premier non abbia battuto ciglio, ma anzi quasi rivendicato una vittoria, dopo
che i cittadini andati a votare al referendum sulle trivelle (ignorando,
quindi, i ripetuti inviti del presidente del Consiglio a non recarsi alle urne)
sono stati più di quelli che hanno votato il Pd alle Europee nel 2014. Eppure il
voto del referendum non fa testo, perchè non si è raggiunto il quorum, mentre
quello delle elezioni europee è sufficiente a legittimare la permanenza di
Renzi al governo.
giovedì, aprile 14, 2016
SULLA RIFORMA COSTITUZIONALE GIA' PARTITA LA CAMPAGNA DI BUGIE DEL GOVERNO
di Giacomo
Stucchi
Approvata la riforma
costituzionale, con il minimo sindacale dei voti parlamentari necessari, è già
cominciata la campagna elettorale del premier e degli esponenti di governo per
vincere il referendum del prossimo autunno; ed è già un florilegio di bugie. In
primo luogo sul referendum stesso, che non è una gentile concessione del Pd o
del governo ma un obbligo previsto dalla Costituzione. Il ddl Boschi sulla
riforma costituzionale,infatti, è stato approvato nell’ultima votazione dalla
Camera con 367 voti a favore e 7 contrari. Secondo quanto previsto dall'articolo
138 della costituzione, non avendo ottenuto il provvedimento la maggioranza di
due terzi dei componenti di ciascuna Camera, deve essere sottoposto a referendum
popolare. In secondo luogo non è vero che l’approvazione della riforma è un
evento epocale in quanto già il centrodestra, nel 2005-2006 durante la XIV
Legislatura, ne approvò una che però fu respinta dal successivo referendum
popolare sull’onda di una campagna denigratoria che vide il blocco delle
sinistre in prima linea adoperarsi per impedire il cambiamento. La riduzione del
numero dei parlamentari e la semplificazione del sistema legislativo, quindi,
non sono un invenzione di Renzi! C’è poi, sostengono i sostenitori della
riforma, la presunta novità di aver detto addio al Senato, ma anche qui si
tratta di un’altra bufala perché non solo la camera alta, sia pur modificata,
rimane in vita ma nel mantenerla si è pure introdotto un procedimento
legislativo complesso e farraginoso che non farà bene al sistema nel suo
complesso, altro che semplificazione! Sarebbe stato meglio allora, lo abbiamo
detto più volte, eliminare del tutto il Senato anziché lasciarne un simulacro
del bicameralismo perfetto. Ma allora dove stanno le novità della riforma? Come
fanno notare illustri costituzionalisti il fatto nuovo, e per nulla positivo per
il futuro del Paese, sta nel combinato disposto della riforma costituzionale con
la nuova legge elettorale, l’Italicum. Una combinazione che potrebbe consegnare
al capo del partito vincitore alle prossime elezioni un potere senza più
contrappesi; una circostanza, senza precedenti nella storia della Repubblica,
sulla quale tutti i cittadini dovrebbero riflettere prima di deporre la loro
scheda nell’urna referendaria.
martedì, aprile 12, 2016
LA SOLITUDINE DEL GOVERNO E' COLPA DEL PD
di Giacomo
Stucchi
Al di là della
rappresentazione plastica della solitudine del premier e del suo governo, resa
evidente alla Camera con l’uscita dall’aula delle opposizioni allorquando Renzi
ha preso la parola per intervenire sull’ultimo voto parlamentare delle riforme
costituzionali, è soprattutto il Pd che deve chiedersi come mai un passaggio
sulla carta importante è diventato invece uno stantio atto dovuto. Negli ultimi
due anni il Pd che non ha vinto le elezioni del 2013, come dimenticare il
laconico commento di Bersani “pur essendo arrivati primi non abbiamo vinto",
ha tollerato, favorito e vissuto all’ombra del renzismo; approvandone ogni
provvedimento e mantenendo all’occorrenza, con una parte di esso, una posizione
critica ma accondiscendente. Anche sul percorso delle riforme, del resto, il Pd
ha la responsabilità di averlo trasformato in un viaggio pieno di “insidie” per
le opposizioni che hanno dovuto subire contingentamenti, canguri e financo
avvicendamenti in Commissione di parlamentari democratici non favorevoli; altro
che prova di democrazia! Ma alla fine che ha fatto il Pd? Ha approvato silente
la riforma costituzionale della Boschi e ha riportato l’orologio indietro nel
tempo. Questa riforma costituzionale, infatti, mette di nuovo in primo piano lo
Stato centralista in nome di un’efficienza legislativa e governativa tutta da
dimostrare. Dinanzi a decisioni importanti per il destino del Paese, come lo
sono quelle che riguardano lo stravolgimento della carta costituzionale, le
varie anime del Pd hanno continuato a stare contemporaneamente nelle stanza dei
bottoni per poterne poi uscire quando conveniva farlo. Guardando più
all'interesse della poltrona che a quello reale del Paese. Troppo comodo e
troppo facile. Renzi oggi è più solo di due anni fa non per colpa delle
opposizioni, che non condividono le sue riforme, ma per non avere nel suo
partito una classe dirigente all’altezza delle sfide che lo stesso premier si è
posto.
giovedì, aprile 07, 2016
CON RENZI AL GOVERNO VANNO VIA I GIOVANI E I PENSIONATI, MA ARRIVANO GLI IMMIGRATI
di Giacomo Stucchi
Dello scandalo petrolio non è certo il
gossip che ci interessa, mentre i risvolti giudiziari sono di stretta
pertinenza dei magistrati che se ne stanno occupando, ma è il dato politico a
preoccuparci. Lo Sviluppo economico è un dicastero chiave per il nostro sistema
produttivo e certo meritata una guida accorta e, soprattutto,
orientata a soddisfare le reali esigenze del Paese. Il premier, visto il montare
dello scandalo, cerca quindi di correre ai ripari per risalire la china. Ma la
sua visita a Napoli non è stata tra le più felici, il piano della banda larga sa
tanto di propaganda e sulla nuova promessa di un altro bonus di ottanta euro da
elargire ai pensionati e' scontro nel governo che sembrerebbe essersela già
rimangiata; e meno male, perché se davvero fosse posta in essere di certo
sarebbe finanziata in deficit e quindi con nuovi debiti dello Stato. La verità è
che con Renzi al governo il nostro Paese e' sempre meno vivibile
per i suoi cittadini, giovani o anziani che siano, mentre continua ad accogliere
e assistere migliaia di immigrati. I giovani, infatti, non ci pensano due volte
ad andar via, visto che trovare un lavoro degno di questo nome è davvero
un’impresa. Ridotti gli incentivi del Jobs Act, infatti, a gennaio e febbraio di
quest’anno il flusso delle assunzioni ha avuto una brusca frenata, perché
l’esenzione dal versamento dei contributi non è più totale per i primi 3 anni di
lavoro ma è stata portata al 40% e solo per i primi 2 anni. A gennaio i
contratti stabili sono perciò calati del 39,5%. Con queste prospettive ai
giovani quindi non resta che andar via; e si tratta sia di un’emigrazione “di
qualità”, fatta in primis di laureati, ma anche di molti ragazzi disposti a fare
di tutto, anche i camerieri o i lavapiatti. Vanno via, però, anche i pensionati
alla ricerca di un luogo dove il loro reddito consenta di vivere dignitosamente.
Dalle Canarie al Portogallo, sono diversi i Paesi che offrono questa
opportunità. I pensionati, se possono, vanno via anche perché il nostro sistema
fiscale, al contrario di altri in Europa e non solo, equipara il loro reddito
pensionistico a un normale reddito da lavoro e quindi la tassazione viene
calcolata sulla base delle aliquote. Altro che ripresa!
martedì, aprile 05, 2016
CON LA POLITICA DEL GAMBERO DI RENZI NON SI VA DA NESSUNA PARTE
di Giacomo Stucchi
Doveva essere un periodo tranquillo, quello del presidente del Consiglio,
verso una primavera elettorale caratterizzata dal referendum delle trivelle e da
una tornata amministrativa che limitasse il più possibile i danni per il Pd; e
invece non sta andando così. I mesi che precedono il redde rationem di autunno,
con la consultazione referendaria sulla riforma costituzionale, all’esito
della quale Renzi ha peraltro legato il suo stesso destino politico, potrebbero
infatti rivelarsi esiziali per il governo. Soprattutto perché manca
all’esecutivo un “fatturato”, con un sostanzioso segno più, da presentare agli
elettori. L’economia langue e le misure adottate da Palazzo Chigi, in
particolare su decontribuzione alle imprese che assumono e bonus ad alcune
categorie di contribuenti, si sono rivelate effimere sul piano della ripresa
economica e dell’occupazione ma molto “pesanti” per le casse dello Stato. I
provvedimenti adottati, infatti, costano molti miliardi ma rendono meno di
quanto previsto. Sicché se dovessimo rappresentare in qualche modo la politica
economica del governo lo faremmo accostandola al passo del gambero: un passetto
avanti e due indietro. In questo quadro la vicenda del petrolio in Basilicata,
che ha portato alle dimissioni dell’ex ministra Guidi, si sta rivelando molto
complicata per l'esecutivo. L’impressione è che questa volta, per venirne fuori,
non basteranno le solite apparizioni in televisione di Renzi e della sua
ministra Boschi, ma ci vorrà molto di più per convincere l’opinione pubblica
del buon operato del governo. Al di là della vicenda giudiziaria, sulla quale
non possiamo che attendere il lavoro della magistratura, che peraltro ha già
smentito coi fatti le parole del premier che l’aveva criticata per non andare
mai a sentenza, a pesare sul piano politico sono le parole di alcuni esponenti
dello stesso Pd, a cominciare dal governatore della Puglia Michele Emiliano, che
la dicono lunga sulla pessima aria che tira dalle parti del maggior partito
dell’alleanza di governo.