lunedì, giugno 30, 2014
sabato, giugno 28, 2014
giovedì, giugno 26, 2014
mercoledì, giugno 25, 2014
sabato, giugno 21, 2014
giovedì, giugno 19, 2014
UE, IL GOVERNO RENZI SI RIMANGIA L'IMPEGNO A CAMBIARLA
di Giacomo Stucchi
Il governo Renzi non ha avanzato ai partner europei la richiesta di
scorporare gli investimenti dal calcolo del deficit, ma “ha posto il problema di
mettere sul campo tutti gli strumenti di cui l'Europa già dispone per accelerare
la crescita e la creazione di posti di lavoro”. Lo ha detto il ministro
dell'Economia, Pier Carlo Padoan, a margine della riunione dell'Eurogruppo a
Lussemburgo. Tradotto dal burocratese al linguaggio comune significa che la
promessa fatta dal premier di adoperarsi per cambiare l’agenda europea con
maggiore flessibilità di bilancio, anche attraverso lo scorporo degli
investimenti dal calcolo del deficit, rimarrà nel libro dei sogni. Del resto,
già all’indomani del voto per le Europee, non c’è stato il benché minimo segnale
che il presidente del Consiglio si muovesse per contrastare le assurde politiche
del rigore che stanno stritolando le economie di alcuni Stati membri; e a
giudicare dalle ultime mosse l’impressione è che Renzi più che a cambiare le
regole stia invece pensando al valzer delle nomine comunitarie. E pazienza se
questo comporta strizzare l’occhio a Berlino e dimenticare le promesse fatte ai
cittadini! Tutto il contrario, insomma, di ciò che intende fare la Lega Nord a
Bruxelles, ponendo in primo piano le politiche sul lavoro e sulla crescita,
impedendo alla moneta unica di continuare a impoverire i cittadini e mettendo
un argine alla burocrazia e alle decisioni dell’Ue che non rappresentano le
specificità degli Stati membri. Dal commercio alla piccola e media industria,
dal turismo all’agricoltura, abbiamo delle specificità da difendere; e invece
sino ad oggi l’Ue le ha soltanto mortificate imponendo regole assurde, dettate
per lo più da grandi gruppi di interesse. Più in generale, bisogna lavorare
affinché a Bruxelles la volontà dei popoli possa finalmente essere
rappresentata e le istanze degli Stati non essere più considerate dei problemi
da scansare ma questioni da risolvere.
martedì, giugno 17, 2014
BASTA CON GLI ANNUNCI, AVANTI CON LE RIFORME VERE
di Giacomo Stucchi
L’atteggiamento costruttivo della Lega Nord nei confronti del processo riformatore non è certo una novità dell’ultima ora. Da sempre, anche in questa legislatura, ci siamo confrontati con chiunque avesse delle idee a riguardo; e non abiurando certo al nostro programma, che vede nel decentramento dei poteri e nell’adozione dei costi standard due punti cruciali. L’esperienza, poi, insegna che il Parlamento è per antonomasia il luogo ove abbattere, e non erigere, gli steccati. Detto questo, però, il Carroccio non vuole, e non può, essere accostato a chi (folgorato sulla via di Damasco, o forse su quella dei sondaggi non proprio favorevoli) si è convertito alle riforme solo negli ultimi giorni. Renzi non confonda quindi la nostra disponibilità al dialogo sulle riforme con la sudditanza politica; né pensi di mettere sullo stesso piano il nostro contributo al dibattito con quello di altre forze politiche, magari in cerca di una propria identità. In entrambi i casi il premier commetterebbe degli errori di valutazione che rischierebbero di far perdere altro tempo prezioso al Paese. La Lega non ha bisogno né di legittimazioni, avendole ampiamente già avute nelle urne, né di uscire dall’angolo, avendo già un chiaro programma condiviso dagli elettori. Dopo i ritardi accumulati dagli ultimi governi succedutisi, che saranno ricordati solo per l’incremento delle tasse, siamo d’accordo sulla necessità di fare presto, ma guardando alle riforme vere e non più agli annunci. Non c’è solo la legge elettorale, sono prioritarie anche la riforma del Titolo V e l’introduzione dei costi standard nella Costituzione. Si tratta di cambiamenti in grado di invertire da subito la rotta, sia sul fronte fiscale sia su quello dell’efficienza della macchina dello Stato; e sarebbe già un bel risultato.
giovedì, giugno 12, 2014
SUGLI IMMIGRATI ILGOVERNO CONTINUA CON LA POLITICA DELLO STRUZZO
di Giacomo Stucchi
Ma davvero si può dire che il Paese deve essere orgoglioso dell’operazione Mare Nostrum? A noi pare proprio di no; e siamo certi che come noi la pensino tantissimi cittadini che non sono né razzisti né xenofobi. Ma per il governo Renzi è ormai un’abitudine far scattare la “scomunica” per tutti coloro che non condividono le sue scelte, siano esse misure economiche o quelle sulla politica dell’immigrazione. Il fallimento del governo sul fronte dell’immigrazione, e non solo, è però evidente e solo il premier coi suoi ministri si ostinano a non riconoscerlo. Costringere la nostra Marina Militare a continui traghettamenti dei migranti, tra le coste del nord Africa e quelle siciliane, è demenziale, inutile e dannoso. Come riportano le cronache, ormai a ritmo quotidiano, i centri di accoglienza sono al collasso e le città, sia quelle che ospitano questi centri ma anche molte altre, sono ormai terra di scorribande di immigrati che fuggono dai centri e non sanno dove andare. Ciò nonostante il governo continua a fare la politica dello struzzo facendo finta di non vedere quanto accade. Le mozioni approvate al Senato, con le quali si chiede al governo "ogni necessaria iniziativa che possa consentire il superamento dell'operazione Mare nostrum" e di agire "nelle idonee sedi europee e internazionali al fine di realizzare un'azione congiunta della comunità internazionale", confidano in un maggiore coinvolgimento dell’Ue ma rimangono lontane anni luce da una rapida soluzione del problema degli sbarchi. Sarebbe stato sicuramente meglio che il governo si impegnasse in modo più risolutivo, approvando la mozione della Lega che prevedeva l’immediata interruzione dell’operazione Mare Nostrum, non più sostenibile dal nostro Paese sia sotto il profilo logistico sia sotto quello economico, e mettere i vertici dell’Ue dinanzi alle proprie responsabilità.
mercoledì, giugno 11, 2014
BUROCRAZIA E FISCO UCCIDONO L'ECONOMIA, MA IL GOVERNO RIMANE A GUARDARE
di Giacomo Stucchi
Nel 2014 nel nostro Paese si pagano 25,7 miliardi in più di tasse rispetto alla media dell'Eurozona. Si tratta di 420 euro di maggiori imposte pro capite. Non è l’opposizione al governo Renzi a dare questi numeri ma il rapporto del centro studi di Confartigianato, diffuso in occasione dell'assemblea nazionale dell'associazione di categoria. Lo stesso rapporto poi evidenzia come nell'ultimo anno le piccole e medie imprese hanno speso in oneri amministrativi 30.980 milioni di euro, equivalenti a 7.005 euro per ciascuna piccola e media impresa e pari a 2 punti di Pil. Insomma, non c’è dubbio che burocrazia e fisco stanno uccidendo la nostra economia. Se questa è la diagnosi, difficilmente contestabile, perché il governo Renzi non ha mosso un dito per districare il vero e proprio girone dantesco che aspetta i contribuenti il prossimo 16 giugno? Si vocifera di un rinvio ma resta il fatto che ad oggi l’ingorgo fiscale che deriva dalla contemporanea scadenza di Imu, Tasi e Irpef, oltretutto con una miriade di aliquote e detrazioni diverse, mette nella più totale confusione gli stessi operatori del settore, dai Caf ai commercialisti, e nell’angoscia i cittadini che si vedono impotenti dinanzi a questo caos. E poi ci si interroga sul perché gli elettori non vanno a votare! Da tre mesi il governo Renzi adotta provvedimenti dagli effetti inesistenti. I vari Job act, Piano casa, Italicum, al di là dei nomi spendibili a livello di marketing politico, non hanno portato a nessun beneficio. Basti pensare alle cifre sulla disoccupazione per rendersi conto come su questo fronte il fallimento dell’azione di governo sia totale. E’ vero che i posti di lavoro non si creano per decreto ma il punto è la direzione nella quale andare. In altre parole, se la strada è quella giusta, prima o poi i risultati arrivano, ma se si imbocca la via sbagliata allora il risultato sarà soltanto un’altra perdita di tempo prezioso e i problemi rimarranno tutti sul tappeto.
lunedì, giugno 09, 2014
domenica, giugno 08, 2014
sabato, giugno 07, 2014
venerdì, giugno 06, 2014
giovedì, giugno 05, 2014
LA DODICESIMA FREGATURA
di Giacomo Stucchi
E siamo a dodici! Con il Decreto Irpef sono già una dozzina i voti di fiducia che il governo Renzi ha chiesto al Parlamento in poco più di tre mesi; e c’è da scommettere che tale numero sia destinato a crescere già nel prossimo futuro. L’impressione infatti è che con il pretesto dell’urgenza si voglia sempre più fare a meno delle aule parlamentari e della loro potestà legislativa. Forse, un più accurato esame parlamentare del Dl Irpef avrebbe permesso di mettere a fuoco i tanti dubbi che il provvedimento ha suscitato. Sul bonus degli 80 euro, per esempio, le perplessità sulle coperture finanziarie sono arrivate da più parti; non solo da parte di chi si oppone al governo in carica ma anche dai tecnici parlamentari e, in ultimo, dai giudici contabili. Ma il solo manifestare queste perplessità, evidentemente, crea fastidio dalle parti di Palazzo Chigi. Il fatto è che per l’ex rottamatore accreditare nell’opinione pubblica la convinzione di avere una strategia, per venire a capo dei gravissimi problemi che ancora sono sul tappeto, è diventata quasi una parola d’ordine. La realtà invece è che si naviga a vista. La crisi ha spazzato via imprese, lavoro e certezze per tantissime famiglie, e le informazioni che arrivano da tutti gli osservatori economici non lasciano per niente tranquilli. Eppure, nonostante tutti i segnali negativi, il governo appare più impegnato a promuovere se stesso che non ad adottare le misure economiche necessarie a uscire da questa congiuntura. Il provvedimento sull’Irpef non è risolutivo di nulla, introduce solo nuove tasse, aggiunge molte altre incertezze a quelle già esistenti e consente al governo di riprendersi ciò che aveva dato con gli 80 euro. Il solo pensiero che il premier abbia come obiettivo quello di continuare con questo andazzo sino al 2018 mette i brividi.
martedì, giugno 03, 2014
IL GOVERNO RENZI CONTINUA A GIOCARE COL FUOCO
di Giacomo Stucchi
Se le raccomandazioni che l’Ue ha fatto all’esecutivo Renzi fossero state fatte a un governo di centrodestra il fuoco di fila contro Palazzo Chigi di certi giornali e commentatori televisivi sarebbe stato aperto senza pietà e la parola “dimissioni” sarebbe stata pronunciata in ogni occasione. Ma siccome si tratta del premier in carica tutto assume un tono più sfumato e la valutazione della Commissione, secondo la quale nel 2014 servono sforzi aggiuntivi per rispettare i requisiti del Patto di stabilità, passa quasi in secondo piano. Tuttavia la sostanza resta e consiste nel fatto che a Bruxelles non sono per niente convinti che la rotta sin qui tracciata dal premier vada nella direzione giusta. Al di là dei propositi del premier di “cambiare la Ue”, la verità è che la procedura d’infrazione per eccessivo debito pubblico rimane dietro l’angolo e il governo continua a scherzare col fuoco. Inoltre, la copertura finanziaria per il bonus di 80 euro, fortemente voluto da Renzi alla vigilia del voto europeo, rimane aleatoria; e quindi non può che aumentare la possibilità di nuove tasse per finanziarlo. Insomma, ciò che è stato dato con una mano, verrà tolto con l’altra. Ad aggravare il quadro sono poi i dati economici. Dopo i numeri negativi sul Pil è, purtroppo, ancora una volta il dato sulla disoccupazione a fare davvero paura. Secondo l’Istat i disoccupati sfiorano i 3 milioni e mezzo, toccando la cifra record, ai massimi dal 1977, del 46 per cento a livello giovanile. Altro che ottimismo, c’è un esercito di persone che non ha né speranza, né futuro ma a fronte di tutto questo le misure del governo, forse perché il premier è troppo impegnato nei suoi bagni di folla quotidiani, sono inesistenti!