Giacomo Stucchi - Senatore Lega Nord Padania -

PENSIERI E IMMAGINI: vi presento il mio blog. Un modo per tenermi in contatto con gli elettori, con gli amici e con tutti coloro che, anche con opinioni diverse dalle mie, desiderano lasciare un loro commento. Grazie.

mercoledì, novembre 30, 2011

PARIGI - 30/11/11 - CONSIGLIO D'EUROPA





















martedì, novembre 29, 2011

PARIGI - 29/11/11 - COMMISSIONE IMMIGRAZIONE CDE













IL GRANDE BLUFF

di Giacomo Stucchi


Tra i rischi insiti nel governo Monti c’è quello di una certa assuefazione dell’opinione pubblica al fatto che un signore, per quanto distinto e per bene, sia stato messo a Palazzo Chigi senza aver chiesto permesso al popolo! E’ vero che la storia di questo Paese è fatta di fasi alterne e controverse ma è la stessa storia ad insegnare che tutte le volte che la democrazia e la politica hanno in qualche modo abdicato alla loro funzione sono stati dolori per tutti. E’ singolare che in questi giorni giornalisti e osservatori si appassionino tanto al tema del destino dell’alleanza tra la Lega Nord e il Pdl, sul quale peraltro tanto il nostro Segretario Federale Umberto Bossi, quanto gli ex ministri Calderoli e Maroni, sono stati in più occasioni molto chiari spiegando che tutto dipenderà da come il Pdl voterà in parlamento i singoli provvedimenti, e non si concentrino invece sull’anomalia di un governo ‘tecnico’, insediato in tutta fretta senza alcun consenso popolare, che utilizza però il manuale Cencelli per la spartizione delle poltrone di vice ministro e sottosegretario. Il virgolettato non è un refuso ma è voluto per sottolineare il fatto che ci troviamo dinanzi ad un grande bluff. La ‘triplice’ Pd,Pdl e Udc, con la scusa dell’emergenza economica e finanziaria (che come i fatti stanno dimostrando è di natura internazionale e non dipende certo da chi siede a Palazzo Chigi) si è insediata nella stanza dei bottoni: il Pdl tradendo il voto con gli elettori e rompendo di fatto un’alleanza con il Carroccio che è stata sancita nel 2008 dal voto di milioni di cittadini, Pd e Udc rendendosi artefici del primo ribaltone del nuovo millennio. Dicono di voler salvare il Paese ma intanto smantellano le riforme varate dal governo di centrodestra, eletto e legittimato dal popolo; piazzano i loro uomini nelle stanze più delicate del potere centrale; cominciano a porre le condizioni per favorire gli interessi di chi li ha tanto sponsorizzati, e si pongono come obiettivo principale quello di scomporre l’attuale quadro politico per crearne uno nuovo a tavolino, magari dopo aver confezionato una legge elettorale che tarpi le ali ai movimenti autenticamente popolari e democratici, come la Lega Nord, e favorisca invece i partiti messi su nei CdA di qualche banca. Un disegno che serve a far inghiottire le amare cure da cavallo, già annunciate, per le quali pagheranno i pensionati con quarant’anni di contributi versati ai quali sarà negato il loro diritto di andare subito in pensione. Pagheranno anche i proprietari di un solo appartamento che saranno considerati ‘benestanti’, quindi da spremere o peggio ancora da stangare se oltre alla prima casa, magari possiedono una casetta, spesso del valore di poche decine di migliaia di euro, in una delle nostre valli. E’ tutta qui la strategia del governo Monti: più tasse per tanti e più vantaggi per pochi.

giovedì, novembre 24, 2011

IL GOVERNO MONTI? ANOMALO E INADEGUATO

di Giacomo Stucchi


Lo avevamo detto sin dal primo momento e lo ribadiamo ora che il governo Monti è pienamente operativo: molte cose di questo esecutivo ci lasciano perplessi. In primo luogo, l’atteggiamento dei ministri. I responsabili dei dicasteri, infatti, o stanno in silenzio stampa, seguendo uno stile che in una società democratica non è proprio il più indicato, oppure parlano (come ha fatto il ministro della Salute, Renato Balduzzi, ospite di ‘Otto e mezzo’) in astratto e non di cose concrete. Tanto che viene da chiedersi se la scelta della sobrietà, anche nella comunicazione, non sia dettata dall’incertezza sulle cose da dire. In secondo luogo, non si era mai visto (almeno a mia memoria) un Parlamento così silente, ma anche inerte, in attesa di esaminare provvedimenti sui quali, per avere maggiori informazioni, i parlamentari possono solo leggersi le indiscrezioni sui giornali. E’ singolare poi il fatto che i dirigenti dei partiti di maggioranza (Pd, Pdl, Udc, Fli e Api), che sino a questo momento alla Camera e al Senato non hanno ancora cominciato a discutere di nulla, siano costretti a parlarsi tra loro quasi in clandestinità. Perché sanno che se lo facessero alla luce del sole, e cioè in Parlamento, potrebbero suscitare la legittima ira dei rispettivi elettorati che, di certo molto più coerenti dei dirigenti dei loro partiti, proprio non ci stanno a mettere nel cassetto i loro programmi in nome di un governo di tecnici e di banchieri. A giudicare dagli effetti sui mercati non pare proprio che il governo Monti stia tranquillizzando gli investitori, anzi la volatilità economica e finanziaria cresce e si allarga anche ai titoli degli altri Paesi dell’Eurozona, dimostrando così che il governo Berlusconi non c’entrava nulla con la crisi che era, e rimane, globale. Si dice che sia passato poco tempo dall’insediamento del nuovo governo per vedere provvedimenti concreti e quindi i primi risultati, almeno di un’inversione di tendenza. Vero, ma solo in parte. In primis, perché di un probabile governo Monti si parlava già da settimane, e forse anche mesi, e quindi sarebbe stato opportuno che almeno il professore della Bocconi sapesse già cosa fare una volta insediato in tutta fretta a Palazzo Chigi. Inoltre, la situazione di emergenza, in nome della quale Monti è diventato presidente del Consiglio (che ha anche visto qualche strattone alle regole della democrazia parlamentare), avrebbe richiesto di adottare provvedimenti in due o tre giorni. Invece non è stato così. Le borse e lo spread rimangono sulle montagne russe, di contro sono già numerose le deroghe al principio, sacrosanto, che questo governo avrebbe dovuto occuparsi solo dell’emergenza economica. Basti pensare alle misure già adottate per Roma Capitale o a quelle annunciate sulla cittadinanza agli immigrati: forse Monti ha discusso anche di questo coi suoi colleghi a Bruxelles e a Strasburgo? La verità è che con il passare dei giorni i nostri timori sull’inadeguatezza di questo governo ad affrontare la crisi stanno, purtroppo, trovando puntuale conferma e le forze politiche che lo stanno appoggiando se ne assumeranno la responsabilità dinanzi al Paese.

martedì, novembre 22, 2011

I PARADOSSI DI UN GOVERNO, DIVIDONO E NON UNISCONO

di Giacomo Stucchi


Un movimento come la Lega Nord, che ha sempre dato voce e speranza ai popoli che non ne possono più di subire il centralismo romano, attraverso gli strumenti della democrazia e del libero dibattito politico e istituzionale, non poteva che stare all’opposizione di un governo tecnico insediatosi a Palazzo Chigi senza avere il voto dei cittadini ma con il piglio di chiederà, e tanto, al popolo senza poi doverne rendere conto. Non poteva andare diversamente, del resto, se si pensa al paradosso che stiamo vivendo: mentre ad un governo legittimato dal voto popolare, qual è stato quello presieduto dal premier Berlusconi, le forze politiche di opposizione e l’informazione schierata con la sinistra, davano addosso ad ogni semplice annuncio di decisioni, forse difficili ma necessarie per affrontare la crisi, a Monti invece, per il quale nessun cittadino ha dato una preferenza nell’urna elettorale, è tutto concesso. Aumento dell’Iva e dell’Ici, patrimoniale, abolizione delle pensioni di anzianità (non già allo scopo di mettere in sicurezza il sistema pensionistico, che anche grazie alla riforma Maroni, è già sicuro, ma per far cassa!), sono infatti solo alcune delle pietanze che i tecnici di Monti, e lui stesso, potrebbero servire molto presto sulla tavola dei cittadini. Niente di personale nei confronti del presidente del Consiglio, e dei suoi ministri, chiamati forse a fare un “lavoro sporco” per conto altrui, ma è innegabile come, al momento, le soluzioni proposte per uscire dalla crisi consistano solo nell’aumento della pressione fiscale. Ma c’è un altro aspetto paradossale di questo governo che va sottolineato. Nato, ufficialmente, per unire le forze politiche e i cittadini in uno sforzo comune per uscire da una situazione difficile, in realtà il governo Monti, a giudicare dalle sue prime mosse, più che unire a noi sembra che stia già contribuendo a dividere il Paese. Divide e non unisce l’approvazione del provvedimento su Roma capitale, perché arriva nei tempi e nei modi sbagliati, ma anche perché segue la soppressione del ministero delle Riforme e le scarne e poco rassicuranti dichiarazioni governative sul destino del federalismo fiscale; divide e non unisce la procedura seguita per la formazione del governo, sostenuto da forze politiche che, come si è visto già durante il voto di fiducia, fanno finta di essere accomunate dall’interesse supremo del Paese ma in realtà litigano per le poltrone, nel più classico stile Prima Repubblica (alla faccia della sobrietà!). Con queste premesse è probabile che le contraddizioni e le incongruenze che hanno portato alla nascita di questo governo verranno a galla molto presto. Un motivo in più per rimanerne all’opposizione ma sempre pronti, vigili e determinati, a fare di tutto per impedire che siano sempre i soliti, cittadini ed imprese del nord, a dover pagare per tutti.

domenica, novembre 20, 2011

MONTI E IL RISIKO PARLAMENTARE

di Giacomo Stucchi


Chissà come faranno a capirsi le varie anime che compongono la maggioranza parlamentare grazie alla quale ha visto la luce il governo Monti. Già perché a scorrere la sequela di partiti, e di sottogruppi, che hanno permesso al professore della Bocconi di insediarsi a Palazzo Chigi sembra quasi di giocare a RisiKo, ma senza regole. Anzi, per la verità, una regola c’è ed è quella di fingere di volere il bene del Paese per mirare invece a governare tutti insieme appassionatamente, salvo poi annientarsi a vicenda alla prima occasione utile. Cominciamo con il Pdl. Negli anni di governo abbiamo sempre fatto una fatica enorme a governare con un partito dalle mille anime e dalle tante correnti, almeno trenta, divise in associazioni, fondazioni, movimenti, think tank. Farne un censimento è davvero arduo ma proviamo a sintetizzare: i Berlusconiani, guidati da Sandro Bondi, Gianni Letta e Denis Verdini; i Pretoriani del Cavaliere come Daniela Santanché e Renato Brunetta; i fedelissimi di Alfano: Fabrizio Cicchitto, Michela Brambilla, Maurizio Lupi ed altri. Finito? Nemmeno per sogno! Ci sono infatti gli ex Alleanza Nazionale, Maurizio Gasparri, Altero Matteoli, Giorgia Meloni e il sindaco di Roma Gianni Alemanno. Ben rappresentata è poi l’ex Dc: i Democristiani come Gianfranco Rotondi e Carlo Giovanardi, i Pisaniani come Roberto Massidda, gli Scajoliani. Come se non bastasse c’è pure Formigoni, ma anche gli ex socialisti e i fuoriusciti Adolfo Urso e Andrea Ronchi. Ma ad aver votato la fiducia a Monti ci stanno pure i componenti di “Forza Sud” che fanno riferimento a Gianfranco Micciché, e altri ancora che per necessità di sintesi non riportiamo. Facile immaginare quindi con quale chiarezza d’intenti il Pdl potrà adesso appoggiare con convinzione ed efficacia il neo governo. Tanto più che al suo fianco si trova non più un alleato serio e responsabile, come lo è stato per tre anni e mezzo la Lega Nord, ma addirittura l’acerrimo nemico di sempre: il Pd. Altra galassia partitica nata dalle ceneri dell’Ulivo più simile ai transformers, che muta cioè al variare delle stagioni politiche, che non ad una seria aggregazione di centrosinistra con un serio programma da presentare agli elettori, che conta, per ammissione dei suoi stessi parlamentari, ben sedici correnti. Ognuna delle quali, naturalmente, dotata di una propria organizzazione o fondazione: Veltroni, Massimo D'Alema, Piero Fassino, Pier Luigi Bersani, e poi, dalla Margherita, Giuseppe Fioroni, Franco Marini, Dario Franceschini, Enrico Letta e Rosy Bindi. Non è finita c’è poi l’area di Ignazio Marino ma anche di Arturo Parisi. Come dimenticare poi i rottamatori guidati da Matteo Renzi e Nicola Zingaretti. Infine c’è il Terzo Polo: un mostro politico a tre teste costituito da Udc, Fli e Api. I tre ‘leader’ (Casini, Fini e Rutelli) che lo guidano hanno tre obiettivi diversi: il primo vorrebbe creare il grande centro, il secondo la grande destra, il terzo il grande….boh! Ma c’è dell’altro. Con questo governo il Pd ha infatti raggiunto il record mondiale di incoerenza. Dopo aver chiesto infatti sino alla noia le dimissioni del governo Berlusconi, ed averle ottenute, non certo per propri meriti ma solo per le molteplici pressioni (mediatiche, finanziarie e giudiziarie) sul premier, un minimo di logica avrebbe voluto che Bersani chiedesse di andare a votare il più presto possibile. Tanto più che questo è ciò che è accaduto in tutti gli altri Paese europei alle prese con problemi simili ai nostri. In Irlanda, Islanda, Grecia, Spagna e Portogallo, infatti, prima di adottare le drastiche misure economiche chieste dall’Europa hanno scelto di andare a votare per far decidere al popolo se e da chi farle eventualmente adottare. In Italia, invece, Bersani non solo non ha chiesto il voto ma è diventato socio fondatore dell’ammucchiata Pdl-Pd-Terzo Polo, che ha consegnato direttamente le chiavi di Palazzo Chigi a Monti. Ha fatto bene quindi Enrico Letta ad inviare il foglietto al presidente del Consiglio durante il dibattito sulla fiducia alla Camera, con il quale ha prenotato una poltrona nel governo, perché sono già tantissime le prenotazioni che si rischia davvero di non fare a tempo!

giovedì, novembre 17, 2011

LASCIANO PERPLESSI I PRIMI PASSI DEL GOVERNO MONTI

di Giacomo Stucchi


Dopo le generiche dichiarazioni sull’ ‘equità’, la ‘crescita’, la ‘coesione’, o frasi quali ‘sacrifici ma anche benefici’, il neo premier comincia a rendere l’idea di che cosa intenda fare davvero a Palazzo Chigi. Nel suo intervento al Senato Monti ha infatti parlato di ‘sacrifici equi’ giudicando ‘ineludibile il taglio dei costi della politica’. Ma è la citazione sull'esenzione dell'Ici sulla prima casa, giudicata ‘un'anomalia italiana’, quella che forse rende bene l’idea di quale la sia la strada che il Paese sta imboccando, ovvero quella di maggiori tasse per tutti. Certo, fra gli obiettivi del governo c'è anche la lotta all'evasione fiscale e la valorizzazione delle politiche giovanili, ma queste dichiarazioni per il momento appaiono destinate a collocarsi più nel limbo delle buone intenzioni che non a tradursi in provvedimenti concreti. Simili definizioni, infatti, non sono sufficienti a far capire cosa farà davvero questo governo per combattere seriamente l’evasione fiscale, soprattutto in alcune zone del Paese. Se fosse stato l’ex premier Berlusconi a presentarsi al Paese con queste premesse l’opposizione ne avrebbe detto di tutti i colori. Ma tant’è, l’operazione Monti ormai è fatta e i primi passi del governo dei banchieri e dei burocrati di Bruxelles fanno capire quanto sia importante il ruolo della Lega Nord, unico partito all’opposizione del neo governo. Unico baluardo di democrazia a difendere gli interessi dei popoli Padani fortemente minacciati da un governo che si annuncia già all’insegna del forte centralismo ma anche della concentrazione di molto potere nelle mani di pochi. Cosa sarebbe accaduto se nel governo Berlusconi alcuni ministri avessero accorpato certe funzioni come si è fatto con quelle attribuite a Corrado Passera, designato da Monti per il ruolo di ministro dello Sviluppo Economico ma anche delle Infrastrutture e Trasporti; o come succede con lo stesso presidente del Consiglio Monti che si è riservato anche la delega per l’Economia e le Finanza, sia pur ad interim. Sarebbe di certo scoppiato il finimondo. Ci chiediamo poi come farà il neo presidente del Consiglio, accorpando così tanti importanti ruoli e responsabilità, ad assolvere a tutti gli impegni? Che si annunciano già gravosi considerato che la tanto attesa partenza in discesa, almeno sul fronte dei mercati internazionali, non c’è stata. Anche dopo il giuramento del neo presidente del Consiglio e dei suoi ministri la situazione finanziaria internazionale rimane infatti drammaticamente instabile e anzi si acuisce ancor di più coinvolgendo anche la Spagna e la Francia, che registrano spread da massimi storici. Segno evidente che le analisi degli ultimi mesi sulla connessione crisi-governo Berlusconi erano sbagliate e pretestuose. Torneremo spesso, nelle nostre analisi, su questo punto perché lo riteniamo essenziale ai fini di una lettura degli ultimi avvenimenti politici scevra da pregiudizi e falsità. Con lo stesso spirito giudicheremo giorno per giorno l’operato del nuovo governo, ma le prime mosse ci lasciano perplessi.

martedì, novembre 15, 2011

L'OPPOSIZIONE DEL CARROCCIO E' LEGITTIMA E NECESSARIA

di Giacomo Stucchi


Non saranno certo le dichiarazioni di qualche transfuga del Pdl, oggi tra i più accaniti sostenitori di un governo Monti e tra i più restii a ridare la parola al popolo, a turbare i nostri sonni. Al contrario, più si fanno pressanti le richieste alla Lega Nord di non rimanere all’opposizione, maggiore è la nostra convinzione di essere dalla parte del giusto. Fanno poi sorridere i falsi benpensanti che si scandalizzano per la convocazione del Parlamento della Padania per il prossimo 4 dicembre. In primo luogo, perché il Carroccio non ha mai interrotto, né annacquato, la lotta per il raggiungimento dell’indipendenza della Padania. Obiettivo per raggiungere il quale abbiamo sempre continuato la nostra battaglia, pacifica e alla luce del sole, garantendo anzi che legittime aspettative di milioni di uomini e donne rimanessero sempre nell’alveo del dibattito e delle istituzioni democratiche. Inoltre, perché a scandalizzare davvero dovrebbe essere non il nostro Parlamento, che funge da cinghia di trasmissione tra la base e le rappresentanze parlamentari e amministrative, ma il governo di tecnici, scelto dai banchieri e dai partner europei, che potrebbe insediarsi a breve a Palazzo Chigi! Questo sì che costituisce uno scandalo e che ci fa vivere sentimenti contrastanti: sollievo, per la decisione della Lega Nord di collocarsi all’opposizione, ma preoccupazione, e tanta, per i popoli Padani. Quando a Roma si parla di sacrifici e di risanamento del debito pubblico, dove pensiate che li prendano i soldi se non dalle tasche di coloro che producono e lavorano senza nulla chiedere? Ecco perché la convocazione del Parlamento della Padania è quanto mai opportuna e necessaria, per far capire al “manovratore” che questa volta non si potrà contare sulle nostre imprese e sui nostri lavoratori per porre rimedio ai disastri fatti sia dai burocrati di Bruxelles, dall’introduzione dell’euro in poi, sia da una classe politica romanocentrica che non riesce proprio a vedere al di là del proprio naso. Non avevano detto, i vari Bersani, Di Pietro, Fini e Casini, che le dimissioni di Berlusconi si sarebbero tradotte nel ribasso immediato dello spread di qualche centinaio di punti? Dove sono adesso certi osservatori ed economisti da strapazzo che, anziché passare il loro tempo in televisione, farebbero bene a studiare ed approfondire le materie sulle quali pretenderebbero di dare lezioni? Costoro ci spieghino adesso perché, nonostante le dimissioni del premier, chieste a gran voce per mesi e mesi, le borse continuano ad essere ballerine? Anche alla luce di questi fatti riteniamo quindi legittimo, ma anche un nostro preciso dovere, diffidare di qualsiasi ipotesi di governo privo di legittimazione popolare e, quindi, senza titolo per chiedere alcunché ai cittadini.

lunedì, novembre 14, 2011

CASAZZA - 13/11/11 - ASSEMBLEA CIRCOSCRIZIONE































venerdì, novembre 11, 2011

IL GOVERNO TECNICO E' IL VECCHIO CHE AVANZA

di Giacomo Stucchi


Nel 2008 abbiamo chiesto il voto ai cittadini sulla base di un programma di riforme ben preciso che aveva nel federalismo fiscale il punto cardine. Con quel programma il centrodestra ha vinto le elezioni. La permanenza della Lega Nord al governo, nei tre anni e mezzo di legislatura trascorsi, ha sempre avuto quindi una ragione ben precisa: quella di portare a casa gli obiettivi prefissati. Poiché il nostro Movimento, dalla base che lavora sul territorio alla rappresentanza parlamentare, è fatto di persone serie che non stanno in politica per interessi personali ma per rappresentare le istanze dei popoli Padani, non ci può essere nessuna crisi finanziaria, né agenzia di rating, che ci può convincere a fare un passo indietro rispetto agli impegni assunti con gli elettori. Ecco perché rispetto al governo tecnico che si sta delineando all’orizzonte politico, il cui programma (qualunque esso sia) non ha avuto e non potrà avere mai il consenso dei cittadini, la Lega non può che stare all’opposizione. Che non sarà né di circostanza, né soft, e avrà come obiettivo specifico quello di evitare che, con la Lega fuori dall'esecutivo, le fameliche casse romane vengano rimpinguate solo dalla fatica a dal sudore dei padani. Cosa farà questo nuovo governo a trazione Pdl-Pd-Terzo Polo? Aumenterà l'IRAP e proporrà nuove politiche assistenzialistiche e clientelari per il sud, oppure farà andare in pensione la gente a settant’anni? E poi che fine faranno i decreti attuativi sul federalismo fiscale? Si tratta di domande alle quali chiunque vada a Palazzo Chigi dovrà dare delle risposte concrete. Il Carroccio si è sempre battuto per i cambiamenti e per l’attuazione di riforme strutturali che cambiassero davvero il Paese, ma quello che si prospetta sembra essere il ritorno in grande stile del vecchio. Ciò che sta accadendo nei palazzi romani, all’ombra della crisi finanziaria che continua ad imperversare in tutto il mondo, fa parte di un film già visto. Già una volta, infatti, la politica ha abdicato al suo ruolo per cedere il passo ai tecnici che ci hanno portato nell’euro, con un cambio che peggiore non poteva essere e che ha contribuito non poco a creare i problemi che sono arrivati dopo. Il nostro timore è che adesso, pur di mantenerci nell’eurozona, si faccia pagare ai cittadini padani un conto ancora più salato ed insostenibile. Né la crisi dei mercati finanziari, né Obama o la Merkel, né la Bce o il Fondo Monetario Internazionale, possono determinare le nostre scelte politiche o cambiare le carte in tavola come se nulla fosse. Sarebbe davvero un ribaltone. In democrazia la regola principale è che il popolo sceglie da chi vuole essere governato e per fare cosa. Il governo delle cosiddette larghe intese che si vorrebbe far nascere non ha invece nessuno dei due presupposti e per questo la Lega Nord non può che rimanerne fuori.

CALCINATE - 11/11/11 - CENA SEZIONE LEGA NORD

























































martedì, novembre 08, 2011

GRAZIE AL TERZO POLO TORNANO GLI USI E I COSTUMI DA PRIMA REPUBBLICA

di Giacomo Stucchi


C’erano davvero pochi dubbi sul fatto che, dopo quelle convulse delle ultime settimane, avremmo ancora vissuto altre giornate all’insegna della grande vivacità politica. In questo quadro l’approvazione del rendiconto dello Stato, oltre ad essere un atto doveroso che serve al Paese, assume un significato politico particolare. Vedremo adesso come il Capo dello Stato, al quale la Costituzione assegna ruolo e prerogative ben precisi, soprattutto in certi passaggi istituzionali, si muoverà. Un fatto però è conclamato: stiamo assistendo, nostro malgrado, a dei rituali politici che francamente pensavamo di esserci lasciati alle spalle. Alcuni poi davvero al limite della prassi istituzionale che sconsiglierebbe, per esempio, al presidente della Camera di ricevere i leader dell'opposizione nel suo studio di Montecitorio. Un ruolo, quello di Fini, che a nostro modo di vedere va sempre rimarcato. In primo luogo perché costituisce un precedente che traccia un solco indelebile nei comportamenti dei presidenti che verranno dopo di lui, ma anche perché non bisogna mai dimenticare (e soprattutto non lo dovranno fare gli elettori quando andranno alle urne) che la crisi che stiamo vivendo è cominciata proprio da lui. Nell’estate del 2010, infatti, quando nel dibattito politico si discuteva su come accelerare nel processo riformatore, che andava dal federalismo fiscale alle riforme istituzionali, fu proprio il presidente della Camera (forse ingelosito dal successo dell’asse Bossi-Berlusconi) a sparigliare tutto e a fuoriuscire dal Pdl . Da quel momento ne abbiamo viste di tutti i colori. Ad ogni attacco dei vecchi e nuovi oppositori del governo (il più clamoroso dei quali è stata la mancata spallata del 14 dicembre 2010) c’è sempre stata una risposta contraria ed efficace della maggioranza. Sino alle note vicende di questa estate quando il precipitare della crisi economica e finanziaria in tutto il mondo ha portato alle manovre di agosto e agli attuali giorni che stiamo vivendo. Qualunque cosa accadrà è però certo che il Terzo Polo, di Fini, Casini e Rutelli, ha riportato in auge uomini politici, ma anche strategie politiche, da Prima Repubblica. Ciò che pensavamo passato per sempre è riemerso come un fiume carsico con il concreto rischio che adesso possa tracimare sul terreno della politica causando danni devastanti. In questa situazione l’unico movimento politico serio, coerente e affidabile è la Lega Nord. La validità del nostro progetto politico rimane intatta e per niente scalfita dall’opera camaleontica di chi ha fatto finta di voler cambiare le cose per lasciare invece che tutto rimanesse come prima.

giovedì, novembre 03, 2011

NO A GOVERNO TECNICO, PRONTI IN PARLAMENTO PER MISURE CONCRETE ANTICRISI

di Giacomo Stucchi


La Lega Nord è determinata, sia nel ribadire alcuni punti fermi, come quelli sull’inviolabilità dei diritti acquisiti per le pensioni di anzianità, sia a fare la sua parte in Parlamento per far sì che gli impegni presi con l’Ue diventino fatti concreti. Restiamo indisponibili, invece, a qualsiasi forma di governo alternativo a quello esistente. In quel caso allora, come ha detto il nostro Segretario Federale Umberto Bossi nel corso delle consultazioni informali con il Capo dello Stato, sarebbe meglio restituire la parola ai cittadini. Tutto ciò premesso resta il fatto che il maxi emendamento al disegno di legge di stabilità approvato dall’ultimo Consiglio dei Ministri è figlio di una situazione complicata, non certo per sola colpa del Governo. Innanzi tutto perché, qualunque cosa avesse contenuto il provvedimento, è difficile spiegare ai mercati e ai partner europei la differenza che passa nel nostro sistema legislativo tra decreto legge, emendamento e disegno di legge. Si tratta di strumenti legislativi difficilmente “traducibili” in un linguaggio europeo che, soprattutto in questo momento, guarda più alla sostanza delle cose che non alle sfumature, e direi anche storture, del nostro sistema legislativo. E poi perché, al di là delle suddette complicazioni, bisogna anche considerare le caratteristiche, davvero singolari rispetto allo standard delle moderne democrazie occidentali, del nostro sistema politico ed economico. Basti pensare all’eterna divisione all’interno dell’opposizione, con posizioni che spaziano dal liberismo al socialismo ortodosso; ma anche alla sua incapacità, a parte qualche emergente eccezione, di saper guardare oltre l’antiberlusconismo. Ma c’è di più: un presidente della Camera dei Deputati che, anziché stare al di sopra delle parti, utilizza il suo ruolo, dentro e fuori il Parlamento, non solo per partecipare al dibattito politico ma anche per cercare di determinarne gli esiti; i sindacati già sul piede di guerra per i soli annunci fatti dal Governo sulla riforma del mercato del lavoro; un organismo importante, come Confindustria, la cui presidente, pur avendo perso un associato come la Fiat, non solo non avverte la necessità di dimettersi ma anzi si prodiga di dare consigli al Governo sulle misure da adottare per affrontare la crisi; una stampa di parte che, anziché difendere gli interessi del Paese, come fanno in tutto il mondo quando ad essere in gioco è il futuro dei cittadini, spara portate al Governo per indebolirlo. In queste condizioni non c’è da stupirsi se le Borse continuano ad andare su è giù, mettendo in fibrillazione il mondo della politica, della finanza e dell’economia. A tutto ciò si aggiunga il contesto europeo nel quale siamo inseriti che, anziché su una chiara governance, al momento si sta reggendo sulla diarchia Merkel-Sarkozy. E' in questo scenario di estrema difficoltà che il Governo e la maggioranza tutta dovranno trovare la forza per affrontare questa ulteriore gravosa prova.

mercoledì, novembre 02, 2011

FUORI DALLA CRISI SOLO CON LE RIFORME

di Giacomo Stucchi


L’incedere della cronaca politica, economica e finanziaria ha ormai ritmi e fasi da cardiopalma ma vale la pena ogni tanto soffermarsi su alcune considerazioni di carattere generale che, crediamo, possano aiutare a capire il contesto nel quale tutti noi ci troviamo. Mi riferisco, per esempio, ad una domanda posta dall’editorialista del Corriere della Sera, Pierluigi Battista, al leader dell’API Francesco Rutelli, nel corso dell’ultima puntata della trasmissione televisiva Ballarò e rimasta sostanzialmente senza risposta. Il giornalista del Corsera ha chiesto a Rutelli se, qualora Berlusconi si fosse messo da parte, una maggioranza alternativa a quella attuale, composta da Pd, Terzo Polo e Idv, avrebbe condiviso e approvato subito i provvedimenti contenuti nella lettera, inviata al nostro governo lo scorso mese di agosto, vergata dal presidente uscente della Bce Trichet e da quello subentrante Draghi. Una lettera, lo ricordiamo, che non prevede come ingredienti zucchero e miele per il nostro sistema sociale ed economico, ma profonde riforme: da quella sul mercato del lavoro alle liberalizzazioni. Come detto Rutelli non ha risposto glissando clamorosamente la domanda con altri argomenti che non c’entravano nulla. E quindi al momento è proprio questo il punto: sino a quando l’opposizione non dimostrerà di essere credibile, e cioè capace di avere idee brillanti ed efficaci da inserire in un piano concreto di interventi, in grado di rassicurare i mercati, continuerà a parlare solo di aria fritta. Chi scrive ha sempre affermato, nei suoi precedenti interventi su La Padania, che agenzie di rating e speculatori finanziari non possono determinare la sorte di questo o di quell’altro governo. Si tratta di un principio che sosteniamo anche in queste ore. Nel caso del nostro Paese, poi, il mostruoso debito pubblico che ci portiamo dietro non è opera del governo Berlusconi, così come il ritardo sulle riforme strutturali non è certo addebitabile ad un esecutivo che proprio sui grandi cambiamenti (a cominciare dal federalismo fiscale) ha improntato la sua azione di governo. Se non partiamo da questi punti fermi rischiamo davvero di non venirne più fuori. Tutti quanti i protagonisti dell’opposizione, dai sindacati ai segretari di partito, dagli osservatori agli intellettuali, sembrano invece marciare nel senso opposto. Il crollo della borsa di martedì scorso, che non ha riguardato solo il nostro Paese ma il mondo intero, e che ha avuto come probabile causa determinante l’annuncio della Grecia di voler indire un referendum, la dice lunga su quanto siano strumentali le posizioni della sinistra. Anche i più distratti capiscono infatti che in una fase di estrema volatilità del sistema economico e finanziario planetario, che purtroppo dura ormai da mesi, qualsiasi parola o annuncio da parte dei governanti europei può determinare vere e proprie tempeste sui mercati di tutto il mondo. Ed è per questo che bisogna dimostrare coi fatti, e non solo a parole, come è solita fare l'opposizione, di volere approvare quelle riforme che sono indispensabili al Paese per tirarlo fuori dai guai.