Giacomo Stucchi - Senatore Lega Nord Padania -

PENSIERI E IMMAGINI: vi presento il mio blog. Un modo per tenermi in contatto con gli elettori, con gli amici e con tutti coloro che, anche con opinioni diverse dalle mie, desiderano lasciare un loro commento. Grazie.

sabato, febbraio 27, 2010

SEDRINA: CENA SEZIONE LEGA NORD







giovedì, febbraio 25, 2010

QUANDO LA POLITICA E' STARE CON LA GENTE

di Giacomo Stucchi

Per la Lega Nord le settimane che precedono un appuntamento elettorale non rappresentano né una campagna propagandistica, né la partecipazione ad una sorta di gara a chi la spara più grossa per far breccia nell’elettorato. Più precisamente, per la Lega Nord la campagna elettorale è un momento di sintesi, o se si vuole di confronto, su tutto il lavoro che viene svolto ogni giorno. Per chi milita nel Carroccio il voto alle Politiche, alle Regionali, o per il rinnovo di una Provincia piuttosto che di un Comune, costituisce di certo la massima espressione di democrazia ma non determina di per sé l’impegno e la costanza che comunque, elezioni o meno, si mettono sempre nel seguire i problemi della gente. Lotta alla disoccupazione, incentivazioni alle piccole e medie imprese, ma anche la realizzazione di opere pubbliche, sono alcuni esempi di problemi che seguiamo costantemente e che non possono certo aspettare un appuntamento elettorale per essere risolti! Inoltre, i nostri progetti più qualificanti, dal federalismo fiscale ad una maggiore sicurezza sociale, dalla difesa delle peculiarità locali alla lotta all’immigrazione clandestina, vengono perseguiti incessantemente e ad ogni livello istituzionale. Tutto questo viene valutato da un’opinione pubblica che, al contrario di quanto pensano coloro che passano troppo tempo nel Palazzo e poco o niente tra la gente, non è ingenua e disinformata; anzi, si rende conto del lavoro fatto, soprattutto sul territorio, e quando va a votare preferisce premiare candidati che sono sempre presenti, rispetto a chi magari fa mirabolanti promesse in campagna elettorale, ma poi si dilegua una volta passate le elezioni. Ecco perché la fiducia data al Carroccio non può essere letta come un voto di protesta, come le solite frettolose e interessate analisi politiche tendono a fare in ogni occasione, ma piuttosto l’adesione convinta ad un modo di intendere la politica che è fatto d’ascolto, prima, e di azione dopo, dentro le istituzioni a qualsiasi livello, per tutelare davvero gli interessi della gente. In questo nostro continuo sforzo siamo certamente alleati leali del Pdl, e facciamo parte di una maggioranza che sostiene un Governo che, pur con tutte le difficoltà ereditate dai precedenti esecutivi o determinatesi negli ultimi tempi (come la congiuntura internazionale), ha già fatto molte cose positive. Ma siamo anche distinti e rivendichiamo sempre l’autonomia che contraddistingue le nostre scelte politiche. Le nostre battaglie sono quelle della gente, i nostri propositi sono ispirati alla massima condivisione di interessi e valori comuni agli uomini e alle donne che ci onoriamo di rappresentare dentro le istituzioni. Tutto questo i partiti avversari lo hanno capito da tempo e per questo tentano di inseguirci sui vari temi, che noi da anni portiamo avanti con coerenza. Ma il loro limite, tra l'altro, è che si ricordano dei problemi dei cittadini solo in campagna elettorale, ai tempi supplementari, quando ormai sono fuori tempo massimo per essere considerati davvero credibili dall’elettorato.

martedì, febbraio 23, 2010

Lega Nord, il vero punto di riferimento

di Giacomo Stucchi

Non c’è dubbio che in politica, così come in ogni altra attività, chi sbaglia deve pagare e se si commettono reati, una volta accertata la colpevolezza, vanno applicate le pene previste nei codici civili e penali. Il punto è però che tra chi commette il reato, e l’applicazione della norma del codice che lo punisce, c’è di mezzo il sistema giudiziario nel suo complesso. Un sistema dove, insieme alla stragrande maggioranza di magistrati al di sopra delle parti, per lo più sconosciuti all’opinione pubblica, che lavorano tra le mille difficoltà delle procure e i codicilli di un procedimento giudiziario non sempre al passo con le esigenze di una società moderna e dinamica, opera anche chi indossa la toga non per rendere un servizio al popolo sovrano ma per cimentarsi in una militanza politica, che è quasi sempre schierata a sinistra. Quando la giustizia diventa un’arma politica allora tutto il sistema va in tilt e con esso la credibilità delle istituzioni. Come fanno i cittadini ad avere fiducia nella giustizia se leggono sui giornali le intercettazioni che dovrebbero rimanere segrete, almeno al grande pubblico, sino al termine del procedimento giudiziario? Come si fa inoltre a non sospettare che dietro allo scontro tra procure, l’ultimo dei quali in ordine di tempo è quello tra Roma e Firenze, non ci sia una lotta di potere, che niente avrebbe a che fare con quello che dovrebbe essere la primaria attività di un magistrato, e cioè la ricerca della verità? Tutto questo mentre, ogni giorno, ci si chiede sempre più se ci troviamo dinanzi ad una nuova Tangentopoli. Addirittura per l’ex ministro Pisanu quella attuale è una situazione ancora peggiore che, se confermata, minerebbe non solo la credibilità di alcuni partiti ma anche la coesione sociale. Mentre per il presidente della Fiat, Montezemolo, “la colpa della politica è quella di non aver introdotto norme per far funzionare la macchina dello Stato”. E’ vero che i partiti tradizionali, di destra e di sinistra, e il sistema sociale (dal quale la politica deriva) soffrono, diciamo così, di una crisi d’identità, ma lo è altrettanto il fatto che nelle istituzioni, dalla magistratura ai ministeri, c’è chi non vuole un vero cambiamento e per questo rema fortemente contro. A complicare, se possibile, il quadro politico c’è poi chi ha fatto le sue fortune elettorali soffiando sul fuoco delle polemiche ed esacerbando il clima dentro e fuori il Parlamento. L’Idv di Di Pietro e una parte del Pd, tanto per essere chiari, stanno interpretando la campagna elettorale per le regionali come l’ennesima occasione di scontro con la maggioranza, ma si tratta di una strada che porta in un vicolo cieco. In tale situazione è la Lega Nord, un movimento che non si è mai ispirato a nessuna ideologia ma solo a principi e valori quali l’onestà e la libertà, oltre naturalmente ad una concreta azione riformatrice, ad essere sempre più punto di riferimento per i cittadini. D’altra parte nessuno può contestare il fatto che se non fosse stato per il federalismo fiscale, fortemente voluto dal Carroccio, le riforme istituzionali sarebbero ancora ferme al palo dell’immobilismo romano!

giovedì, febbraio 18, 2010

ACOLTANDO IL POPOLO NON SI SBAGLIA MAI

Di Giacomo Stucchi

Le ultime inchieste giudiziarie, che speriamo trovino presto un loro epilogo in tribunale anziché solo a livello mediatico, ripropongono il tema della corruzione nella gestione della cosa pubblica: un fenomeno in larga scala o piuttosto qualche mela marcia che ha sbagliato? E’ comunque difficile distinguere tra politica e contesto sociale. Due facce della stessa medaglia che funzionano più o meno come due vasi comunicanti; così come i partiti, del resto, si intersecano con gli ambiti nei quali operano e attingono per la formazione e la selezione della loro classe dirigente. Quella della Lega Nord è nata facendo politica nelle piazze e nelle strade delle città del nord, tra la gente e con la gente. Per questo motivo quando un rappresentante della Lega viene eletto in un ramo del Parlamento, rappresenta davvero il popolo e porta avanti le sue istanze. Ecco perché, a differenza di altri partiti che soffrono di una crisi di immagine ma probabilmente anche di contenuti, il Carroccio piace alla gente. Non solo nelle piccole e medie città del nord, ma anche in contesti territoriali diversi (penso all’Emilia, alla Toscana, ai grandi distretti industriali della Lombardia e del Piemonte) che una volta venivano considerate roccaforti elettorali della sinistra. Come si spiega tale gradimento? La risposta, crediamo, è molto semplice e consiste nel fare politica abbandonando armamentari ideologici obsoleti che non servono più a niente e a nessuno, così come strategie politiche (tipo quella dei “due forni” dell’Udc) in puro stile Prima Repubblica, ma anche nel rimboccarsi le maniche e stando ad ascoltare le gente sul territorio. In realtà non si tratta di un gran segreto, perché è quello che gli uomini e le donne del Carroccio fanno da sempre, ma è il modo migliore per fare il proprio dovere di rappresentanti del popolo in seno alle istituzioni. Sia che si faccia parte di un Consiglio Comunale, Provinciale o piuttosto di uno Regionale, o della Camera dei Deputati, è sempre la voce del popolo ad ispirare la nostra azione politica. D’altra parte l’opinione pubblica, a maggior ragione coi moderni mezzi di comunicazione, accessibili a tutti, è perfettamente in grado di distinguere la propaganda dal lavoro concreto. Sul caso Bertolaso, per esempio, giusto per restare a un fatto di cronaca sulle prime pagine di tutti i giornali, la Lega non può che guardare al bene supremo di tutti i cittadini, che consiste nell’avere diritto ad una Protezione Civile efficiente e magari affidata, come ha giustamente indicato il nostro Segretario Federale Umberto Bossi, alle regioni. Dopo i comuni e le province, che però hanno competenze specifiche troppo limitate a livello territoriale per poter soprintendere ad una struttura complessa qual è quella della Protezione Civile, le Regioni sono infatti l’ente amministrativo più vicino alla gente. Per questo potrebbe essere valutato che siano esse ad occuparsi di disastri ed emergenze varie, assumendosi peraltro anche l’onere di vigilare su eventuali casi di illegalità che, purtroppo, sono sempre in agguato durante le fasi di intervento.

martedì, febbraio 16, 2010

IMMIGRATI, IL BUON GOVERNO DELLA LEGA E LE ASSURDITA' DEL PD

di Giacomo Stucchi

Che nelle nostre città, a Milano come altrove, ci sia un problema di integrazione per le migliaia di immigrati che ormai da anni lì vivono e svolgono le loro attività, non sempre lecite, è quasi superfluo sottolinearlo. Affermare però, come purtroppo hanno fatto in questi giorni alcuni esponenti dell’opposizione, che questi problemi siano una diretta conseguenza della politica di Palazzo Chigi, e della Lega Nord in particolare, che invece sin dall’inizio di questa legislatura hanno fatto della sicurezza un tema centrale dell’azione di governo, è davvero un’assurdità. Bersani, anziché dare addosso alla Lega per i disordini di Milano e imputarne al nostro movimento tutte le colpe, farebbe bene a farsi un esame di coscienza e a chiedersi quanti e quali danni ha provocato la politica del “lascia passare” adottata nei tanti anni di permanenza della sinistra al governo. Il fatto è che siamo alla vigilia di un importante appuntamento elettorale, per il rinnovo delle amministrazioni regionali, e al segretario del Pd, costantemente in cerca di un’identità per il suo partito, che sembra esserne privo sin dalla nascita, riesce solo di andare a rimorchio del giustizialismo di Di Pietro. La verità è che il segretario del Pd, lungi dall’avanzare proposte concrete per la soluzione di un problema che è di tutti, non aspetta altro che il pretesto per scaricare alla maggioranza responsabilità inesistenti, ma così facendo dimostra, ancora una volta, di non avere né la stoffa né gli elementi basilari per essere il leader di un grande partito di opposizione che aneli a guidare il Paese. Per quanto la si voglia imbonire con argomenti propagandistici, la gente non è stupida e, persino quella che non ci vota, sa perfettamente che ciò che la Lega Nord denuncia da tempo, e cioè l’esistenza nelle nostre città di uno spropositato numero di immigrati che vivono senza essersi mai integrati e privi di un lavoro onesto, non è inutile allarmismo ma un’analisi lucida della situazione esistente. Che il governo, peraltro, sta cercando di affrontare nel migliore dei modi e che su alcuni fronti, vedi il dimezzamento degli sbarchi clandestini, ha già dato i suoi frutti. Tuttavia, l’integrazione degli immigrati, e la civile convivenza di molte etnie nelle nostre città, è un problema dalle molteplici sfaccettature che va affrontato con la determinazione, quando serve, ma anche con la necessaria cautela. Quando si ha a che fare con questioni sociali esplosive, da tempo irrisolte, che potrebbero avere un effetto domino da una città all’altra, la prudenza è d’obbligo. Non dimentichiamoci, a tal proposito, della rivolta nelle banlieue parigine, culminata in violenti scontri tra gli immigrati e forze dell’ordine. La Lega Nord non vuole che tutto questo si ripeta nelle nostre strade ed è consapevole che la sensibilità, ma anche il pragmatismo, sono l’arma migliore per affrontare e risolvere tali questioni.


giovedì, febbraio 11, 2010

ECCO PERCHE' NON BISOGNA LASCIARE LE REGIONI ALLA SINISTRA

di Giacomo Stucchi

In questi giorni molti organi di informazione non lesinano ai lettori le loro previsioni in vista del voto per le regionali della prossima primavera. Un esercizio tanto più diffuso quanto più seguiti sono ormai i sondaggi, la cui pubblicazione accompagna ormai inevitabilmente ogni vigilia elettorale. Per quanto ci riguarda, qualunque sia il numero delle regioni nella quali il centrodestra andrà a governare dopo le elezioni del prossimo 28 e 29 marzo, e naturalmente pensiamo sia utile e necessario che ciò avvenga in tutte e tredici le regioni interessate al voto, sul piano squisitamente politico ciò che conta è che una volta per tutte si possa comunque spezzare quel filo conduttore, fatto di interessi e clientele, che per decenni ha fatto sì che queste istituzioni, soprattutto al centro-nord, fossero ad esclusivo appannaggio della classe dirigente di sinistra. Nate come enti di decentramento amministrativo in realtà le regioni si sono con gli anni tramutate in una sorta di centro di smistamento di potere, in prevalenza a favore dei partiti riconducibili al centrosinistra, che si intersecava con quello di Roma ladrona e che ad esso si subordinava completamente. Nelle mani di una sinistra per niente incline alla tutela e al rispetto delle specificità locali, ma anzi organizzata per sua stessa natura in modo tale da privilegiare e incrementare sempre di più il centralismo romano. Le istituzioni regionali così intese hanno tradito le aspettative della gente, per diventare ai loro occhi enti buoni solo a far lievitare la spesa pubblica. Non è servita peraltro a cambiare le cose nemmeno la riforma del titolo V della Costituzione, voluta e approvata in tutta fretta dal centrosinistra nel 2001, utilizzata più come specchietto per le allodole alle Politiche di quello stesso anno che non per porre in essere un concreto cambiamento nei rapporto tra Stato e regioni. Anzi, con quella riforma, si sono avuti risultati esattamente opposti a quelli annunciati, facendo di fatto diventare il conflitto di competenze tra Stato e regioni un tale guazzabuglio, dal quale ancora oggi stiamo cercando di uscirne con la nostra concreta “riforma federale” dello Stato. Quasi a certificare il totale fallimento delle amministrazioni regionali guidate dal centrosinistra sono poi venuti fuori, uno dopo l’altro, tutta una serie di scandali locali, come quelli legati alla gestione della sanità in Abruzzo e Puglia, che la dicono lunga su come la sinistra utilizzi il potere a livello regionale. Tutto questo non va dimenticato ed è per questo che, lungi dal considerare scontati risultati e pronostici elettorali (ancorché favorevoli alla Lega Nord, data in crescita un po’ dappertutto con un gradimento che interessa trasversalmente giovani e anziani, uomini e donne, dipendenti e titolari di piccole imprese), invitiamo tutti gli elettori a riflettere sull'importanza di mobilitarsi in massa per dare il loro voto alla Lega Nord. Si tratta infatti di un’altra occasione per fare in modo che si continui sulla strada delle riforme.

martedì, febbraio 09, 2010

LE MANOVRE DI DI PIETRO PER FAR USCIRE L'IDV DAL BINARIO MORTO

di Giacomo Stucchi

La mirabolante “conversione” di Di Pietro, sulla strada delle necessarie alleanze per le regionali, all’opposizione costruttiva che serva a costruire “l’alternativa di governo” puzza di bruciato! L’ex pm che, con il suo giustizialismo becero, ha raggranellato alle Europee una discreta dote di voti, dimostra ancora una volta di avere una straordinaria faccia tosta nel virare con disinvoltura di 360 gradi il timone alla guida del suo partito. Come si ricorderà, prima del voto alle Politiche del 2008, l’ex pm stipulò con Veltroni un “patto di ferro” (rivelatosi in seguito quanto mai effimero) che prevedeva, oltre all’alleanza elettorale, anche un gruppo parlamentare comune con il Pd. All’indomani del voto, che relegò Veltroni nell’oblio politico e Di Pietro nell’angolo dell’opposizione estrema fine a se stessa, quel patto si ruppe ignominiosamente e i buoni propositi del centrosinistra di fare un’opposizione costruttiva a Berlusconi, e alla vittoriosa maggioranza di centrodestra, andarono a farsi benedire. Da allora sono passati poco meno di due anni, durante i quali l’ex giudice ha eroso voti e consensi al Pd, incarnando un’opposizione apparentemente “dura e pura” (ma mai davvero propositiva!), ma il risultato della sua politica aggressiva, avente come unico scopo la criminalizzazione del premier, ha condotto l’Idv su un binario morto. Il congresso di Salerno dell’Idv è stata così l’occasione buona per Di Pietro per annunciare a tutti la rinnovata alleanza con il Pd, ma anche il suo nuovo ruolo di oppositore, che guarda addirittura al 2013 per sconfiggere l’avversario politico con la sola arma democratica del voto, quando tutti sanno che fino all’altro ieri aveva inneggiato e incoraggiato con veemenza alla soluzione giudiziaria! C'è da fidarsi di una così plateale inversione di rotta? E ancora, c’è da temere che la nuova alleanza di Di Pietro con il Pd, possa avere come conseguenza anche una rinnovata estremizzazione dello scontro politico, che coinvolga anche il maggior partito di opposizione? La risposta non è scontata, e comunque ogni previsione che cerchi di essere attendibile deve tenere conto dello spartiacque che potrebbero rappresentare le elezioni regionali. Alle quali l’Idv, almeno ufficialmente, si presenta interpretando due anime: una più intransigente nei confronti del premier e del governo, incarnata non più dal solo Di Pietro ma anche dal suo presunto delfino De Magistris, l’altra, diciamo così della nuova opposizione per l’alternativa, fortemente voluta dall’ex pm di Mani Pulite e, almeno per ora, risultata vincente al congresso di Salerno. La sensazione, però, è che si tratti di un gioco delle parti, dettato anche dalla necessità contingente di accettare alleanze per le Regionali, in grado di garantire quanti più vantaggi possibili all’Idv in termini di seggi nei Consigli regionali, ma anche di continuare ad erodere sempre più voti al Pd. Staremo a vedere, perciò, se una volta chiuse le urne, Antonio Di Pietro tornerà ad essere il giustizialista di sempre (riprendendosi tale ruolo momentaneamente “affidato” a De Magistris), oppure se Bersani, e il Pd, potranno contare su un "nuovo " alleato.

mercoledì, febbraio 03, 2010

NELL'AGENDA DEL PARLAMENTO NON C'E' SOLO LA GIUSTIZIA

di Giacomo Stucchi

C’è in atto un maldestro tentativo, da parte della solita informazione di parte come ‘Ballarò’ o ‘Annozero’, per far credere all’opinione pubblica che in questo scorcio di legislatura il Parlamento si stia occupando solo di provvedimenti sulla giustizia, diciamo così per “forza maggiore”. Non c’è niente di più falso. In primo luogo, perché un movimento autenticamente popolare come la Lega Nord, che ha nel suo DNA la difesa della libertà ma non certo dell’impunità, non resterebbe un solo minuto in un governo che non si occupasse di risolvere i problemi della gente; in secondo luogo, perché sono i fatti a dimostrare che il Parlamento ha lavorato e lavora a molte altre cose, che non siano solo i temi della giustizia. Mi riferisco soprattutto ai provvedimenti economici che hanno permesso, tra l’altro, al nostro sistema di affrontare la congiuntura internazionale meglio che in altre democrazie occidentali, ma anche alle tante misure adottate sul fronte della sicurezza. Come dimenticare inoltre le due grandi emergenze degli ultimi mesi: il disastro ambientale di Napoli, ereditato dal governo Prodi, e il terremoto d’Abruzzo, che hanno impegnato non poco l'Esecutivo e la maggioranza. C’è da aggiungere poi che il nostro sistema legislativo, che prevede tra l’altro l’obbligo della lettura nelle due Camere del medesimo provvedimento prima della sua approvazione, non è certo il miglior modo per affrontare e risolvere celermente, e con efficienza, tutti i problemi che una società moderna e in continua evoluzione come la nostra può trovare sulla sua strada. Basti pensare, per esempio, ai lavori alla Camera di questa settimana, con l’Aula impegnata per l’approvazione del provvedimento sul legittimo impedimento, dopo che la stessa legge ha tenuto occupato il Senato la scorsa settimana. Ma di tutto questo non si può dare certo la colpa al governo o alla maggioranza che anzi sta facendo di tutto, e non solo in questa legislatura, per realizzare quelle riforme che servono proprio a superare questi problemi. Il fatto è che se sulla necessità di rendere più efficiente e moderno il modo di lavorare del Parlamento siamo tutti d’accordo (tanto nel centrodestra quanto, almeno a parole, nel centrosinistra), alla prova dei fatti l’opposizione, specie l’Idv di Di Pietro, ha sempre remato contro. Il partito dell’ex pm, infatti, con l’apporto di certa stampa che non si è ancora rassegnata al fatto che il governo Berlusconi durerà e porterà a compimento il suo programma, fa di tutto per alimentare le polemiche e impedire così che un clima più sereno spiani la strada alle riforme. Il dibattito parlamentare di questi giorni sul legittimo impedimento, durante il quale la nomenclatura del Pd si è ben guardata dal chiedere votazioni a scrutinio segreto, proprio per evitare possibili “defezioni” tra i parlamentari che non condividono l’asse con l’ex pm, dimostra che la posizione ufficiale del maggior partito di opposizione sin qui tenuta, di una stretta alleanza con l’estremismo di Di Pietro (sancita peraltro la scorsa settimana nel corso di una plateale conferenza stampa congiunta Bersani-Di Pietro a Montecitorio), in realtà potrebbe sciogliersi come neve al sole una volta superato il passaggio elettorale delle regionali.

lunedì, febbraio 01, 2010

INAUGURAZIONE ANNO ACCADEMICO UNIVERSITA' DEGLI STUDI DI BERGAMO