Giacomo Stucchi - Senatore Lega Nord Padania -

PENSIERI E IMMAGINI: vi presento il mio blog. Un modo per tenermi in contatto con gli elettori, con gli amici e con tutti coloro che, anche con opinioni diverse dalle mie, desiderano lasciare un loro commento. Grazie.

domenica, novembre 29, 2009

BERGAMO: 59a GIORNATA PROVINCIALE DEL RINGRAZIAMENTO






















BERGAMO: CONVEGNO STATI GENERALI











giovedì, novembre 26, 2009

SULLE TASSE NON ACCETTIAMO LEZIONI DALLA SINISTRA

di Giacomo Stucchi

E’ per forza di cose il bersaglio preferito di tutti, sia di chi vorrebbe un allargamento dei cordoni della borsa per favorire un maggiore sviluppo, sia di chi (per la verità con argomentazioni pretestuose e spesso prive di fondamento) vorrebbe invece attribuirgli inesistenti responsabilità. Stiamo parlando, naturalmente, del ministro dell’Economia, Giulio Tremonti, che è intervenuto oggi in commissione Bilancio alla Camera. “Di materia fiscale ne parleremo dopo la finanziaria, anche con le parti sociali”, ha detto il titolare di via XX Settembre, sottolineando comunque come il governo già nel corso di questa prima parte della legislatura abbia alleggerito il peso del fisco sui cittadini. “Abbiamo – ha detto Tremonti – già un po' ridotto le tasse abolendo l'Ici e tagliando un pezzo di Irap”. Ecco perchè le critiche, secondo il titolare dell'Economia, sono frutto di 'ingratitudine'. Non solo, Tremonti rivolgendosi alle opposizioni ha sostenuto di trovare “curioso che chi ha inventato l'Irap ci accusi di non toglierla”. Come dargli torto? In effetti se c’è una parte politica che sul fronte fiscale non dovrebbe avere “nessun diritto di replica” è proprio quella del centrosinistra! Chi non ricorda, infatti, le politiche vessatorie del già ministro delle Finanze Vincenzo Visco, oppure l’introduzione di quegli strumenti fiscali chiamati “studi di settore”? Insomma le accuse del Pd al Governo di applicare un’elevata pressione fiscale, o peggio di non far nulla per abbassarla, oltre ad essere del tutto fuori luogo, sono anche in mala fede. La verità è che la sinistra ha storicamente, direi quasi nel proprio Dna, la cultura della tassazione che però, quasi sempre, non è mai coincisa con quella dell’efficienza dei servizi da fornire al cittadino. Dalla sanità alla sicurezza, dai trasporti alla pubblica amministrazione, non c’è un settore che abbia mai avuto una seria attenzione da parte dei governi di centrosinistra, né dal punto di vista del miglioramento dei servizi, né da quello delle riforme. Stupisce poi il fatto che venga rimproverato a Tremonti di non tagliare le tasse, quando il Pd (ovvero il partito della “spesa pubblica”) è perfettamente a conoscenza sia della voragine del debito pubblico, con il quale qualsiasi ministro dell’Economia deve fare i conti, sia dell’incognita della congiuntura internazionale dalla quale il nostro Paese (come riconoscono gli stessi organismi internazionali) sta uscendo meglio di molti altri Stati europei e non. Per quanto ci riguarda, se dovessimo fare delle richieste specifiche a Tremonti, oltre alla garanzia del mantenimento degli ammortizzatori sociali per i lavoratori rimasti senza stipendio a causa della crisi, e agli incentivi alle piccole e medie imprese che costituiscono la principale ossatura della nostra economia, chiederei di prevedere più risorse per l’immediata attuazione del federalismo fiscale. Unica soluzione al problema della razionalizzazione della spesa pubblica, ma anche al miglioramento dello standard dei servizi.

martedì, novembre 24, 2009

LA RIFORMA DELLA GIUSTIZIA SPETTA AL PARLAMENTO

di Giacomo Stucchi

Che democrazia è quella nella quale il potere giudiziario, anziché occuparsi dei processi, pone al Parlamento dei paletti quasi assurgendo a terza Camera legislativa? L’interrogativo non è fine a sé stesso, perché dalla risposta che si intende dare dipende il modo di porsi rispetto al problema esistente di una crescente conflittualità tra potere giudiziario e legislativo. Chi scrive nutre il massimo rispetto per la magistratura come istituzione, e per tutti quei magistrati che fanno il loro dovere, magari nell’anonimato delle Procure, e di certo tra le mille difficoltà nelle quali versa il sistema giudiziario e che nessuno può disconoscere. Questa situazione non è certo imputabile al Governo Berlusconi, ma ai molti anni di lassismo da parte degli Esecutivi della Prima Repubblica che, tra l’altro, hanno sempre proceduto alle riforme della giustizia con continui stop and go, senza avere mai avuto un quadro d’insieme. Questo modo di procedere ha fatto si che il nostro sistema giudiziario, sia sotto il profilo del processo penale, sia sotto quello dell’amministrazione in generale, assomigliasse sempre più ad un vestito di Arlecchino. I risultati, soprattutto per quanto riguarda la lentezza del procedimento giudiziario, sono oggi sotto gli occhi di tutti, ma ciò non autorizza i giudici ad uno sconfinamento in campi che non sono di loro competenza. Cominciare a porre in essere una vera riforma della giustizia, infatti, non spetta all’Anm, ma al Parlamento. L'obiettivo della riforma sarà quello di incidere sui singoli processi, siano essi del premier o di qualunque altro cittadino, ma anche sul funzionamento del sistema giustizia in generale, per migliorarlo e renderlo più moderno ed efficiente. In una democrazia che si rispetti, le regole del gioco sono queste. Da noi, invece, sta accadendo che potere giudiziario e legislativo, anziché collaborare, e confrontarsi nell’interesse supremo di rendere il miglior servizio possibile al cittadino, si pongono l’uno contro l’altro. C’è poi chi tra le forze politiche di opposizione, mi riferisco all’Idv di Di Pietro, ha fatto della difesa ad oltranza della magistratura la sua stessa ragion d’essere. Il partito guidato dall’ex pm rappresenta a pieno titolo, fuori e dentro il Parlamento, gli interessi dei magistrati e considera quest’ultimi non come dei servitori dello Stato, ma come dei paladini in perenne lotta con gli altri poteri istituzionali per rivendicare non si capisce bene cosa. Una posizione legittima quanto si vuole, ma che inevitabilmente contribuisce ad alterare gli equilibri tra i poteri istituzionali. Tanto più se si considera il fatto che è davvero difficile trovare un altro Paese al mondo ove si riconoscano ai giudici l’autonomia e le prerogative delle quali godono i magistrati di casa nostra. Né servono a migliorare il clima le continue apparizioni in televisione di esponenti togati che, quasi fossero dei predicatori in cerca di proseliti, cercano di perorare la loro causa. Si tratta di una strada sbagliata che non porta a nulla se non ad ulteriori polemiche e lacerazioni delle quali, francamente, nessuno avverte la necessità.

giovedì, novembre 19, 2009

BASTA FUGHE IN AVANTI, MEGLIO FARE LE RIFORME

di Giacomo Stucchi

Chi ha tirato un sospiro di sollievo per lo scampato pericolo di elezioni anticipate è certamente il Pd. Secondo i sondaggi disponibili, tra tutti i partiti presenti in Parlamento è quello che ha da temere di più da un eventuale ricorso alle urne: un po’ perché le vicende congressuali hanno lasciato il segno (vedi la spaccatura di Rutelli) e un po’ perché, con tutta la buona volontà possibile, per l’elettore di sinistra capire quale sia la politica del suo partito è davvero diventato un rebus! Tanto per restare all’attualità prendiamo, per esempio, il tema della giustizia. Nel 2006 l’attuale presidente del gruppo Pd al Senato, Anna Finocchiaro, presentò un disegno di legge sulla giustizia che, tra l’altro, prevedeva la prescrizione breve perfino dei processi di mafia, mentre oggi lo stesso Pd grida allo scandalo per la proposta di processo breve avanzata dalla maggioranza di centrodestra. Quindi delle due l’una, o i dirigenti del Pd sono in malafede, quando alzano le barricate in Parlamento per avversare la riforma che garantisce la certezza dei tempi del procedimento giudiziario, oppure non sanno davvero più che pesci pigliare. Senza entrare nello specifico del provvedimento sulla giustizia, al quale peraltro (essendo di iniziativa parlamentare) anche la sinistra potrebbe dare il suo contributo, se abbandonasse posizioni precostituite e un esasperato antiberlusconismo stile Di Pietro, il punto è che sul tema c’è da rimboccarsi le maniche e cambiare tutto da cima a fondo. Non lo dice il sottoscritto, ma l’Unione europea che non fa altro che richiamare il nostro Paese per le inefficienze del sistema giudiziario. Anche sui moniti dell’Ue, peraltro, la sinistra dovrebbe essere coerente e accettarli sempre, non solo quando le conviene! Tornando però al tema del giorno (elezioni si, elezioni no) ha fatto molto bene il presidente del Consiglio Berlusconi a ricordare che l’attuale maggioranza parlamentare lo è, fino a prova contraria, anche e soprattutto nel Paese. Nel senso che a volere che continui l’esperienza di governo Pdl-Lega Nord, non è Tizio, Caio o Sempronio, ma il popolo che dimostra ad ogni consultazione, elettorale o demoscopica, di gradire il programma di riforme varato nel 2008. Non c’è un solo motivo, quindi, che possa giustificare soltanto il pensare di tornare anzitempo alle urne, anche perché sono i cittadini i primi a non volerlo. Certo, nessuno si nasconde dietro a un dito, dicendo che con l’ultimo intervento del premier sul tema delle elezioni tutto si sia risolto. Il fatto singolare tuttavia è che la maggioranza non è divisa su nulla che sia veramente importante, come invece lo era quella dell'ultimo governo Prodi. Si tratta solo di chiarire che le fughe in avanti di singoli, o piccoli gruppi di deputati del Pdl, che si smarcano dall’impegno del programma elettorale per avanzare proposte, come quella sul diritto di voto amministrativo agli immigrati, che non sono mai entrate né nel programma presentato a suo tempo agli elettori né nell’agenda di governo, non servono a niente e a nessuno. Semplicemente perché la gente non le ha votate.

martedì, novembre 17, 2009

UNA DEMOCRAZIA IMBRIGLIATA

di Giacomo Stucchi

L’intreccio tra gli impegni internazionali di questi giorni di Silvio Berlusconi, vertice Fao e incontri bilaterali con alcuni capi di Stato, e le sue vicende giudiziarie, in primis il processo in corso a Milano, al quale sono intervenuti i suoi legali per indicare le date in cui il premier è disponibile a recarsi in tribunale, poiché libero da impedimenti istituzionali, mi ricordano molto il 1994. Anche allora infatti, nel corso del G8 a Napoli, fu “prontamente” recapitato al presidente del Consiglio un avviso di garanzia mentre presiedeva il summit internazionale. All’indomani dell’insediamento della legislatura in corso speravamo, una volta per tutte, di aver voltato pagina e invece, oggi come quindici anni fa, siamo sempre nelle medesima situazione, con il Cavaliere imbrigliato nella rete giudiziaria. Quanto tutto ciò dipenda dal caso o dall’esistenza di una manovra politico-giudiziaria contro il premier (come ancora oggi afferma in una nota il portavoce del Popolo della Libertà, Daniele Capezzone) non abbiamo gli elementi per stabilirlo con certezza. Ma è un fatto che gli anni sembrano essere trascorsi invano senza aver insegnato niente. I processi che vedono coinvolto il presidente del Consiglio, così come le rivelazioni (più o meno penalmente rivelanti) che lo riguardano, sbarrano inevitabilmente la strada al suo governo con la conseguenza, tra l’altro, di impedire che le riforme vadano avanti in questo Paese. Nessuno qui vuole affermare che una persona, per il solo fatto di essere capo del Governo, può porsi al di sopra della legge, ma il fatto è che tutte le volte che comincia una nuova stagione che promette profondi cambiamenti politici e istituzionali, c’è sempre qualche nuova rivelazione di un pentito loquace a impedirlo! A questo punto sorge il sospetto che più di un potere forte voglia che le cose non cambino mai e, in particolare, che le decisioni continuino ad essere prese a livello centrale e che sia sempre Roma ladrona a determinare la facoltà di spesa pubblica. Il punto è questo e non altro! Non dovrebbe esistere infatti nessun processo, né inchiesta giudiziaria, che possa di fatto prevalere sulla volontà popolare che si è espressa per ben due volte in ventiquattro mesi, alle Politiche del 2008 e alle Europee di quest'anno, a favore del centrodestra e quindi del suo programma di riforme. Sarà un caso ma tutte le volte che si è vicini al punto di svolta, come potrebbe essere in questa legislatura l’applicazione del federalismo fiscale, c’è sempre qualcosa ad impedirlo. La Corte Costituzionale, bocciando il Lodo Alfano, avrà forse sancito un diritto costituzionale, ovvero che siamo tutti uguali dinanzi alla legge, ma potrebbe però impedire che se ne eserciti un altro, ovvero che in democrazia chi vince le elezioni governa e porta avanti il programma elettorale approvato dai cittadini.



sabato, novembre 14, 2009

CAPRIATE SAN GERVASIO: INAUGURAZIONE RESTAURO MUNICIPIO











venerdì, novembre 13, 2009

PARIGI: UNIONE DELL'EUROPA OCCIDENTALE







giovedì, novembre 12, 2009

GLI ALLARMI DI DI PIETRO SONO UN’ARMA SPUNTATA

di Giacomo Stucchi

La riforma della giustizia suscita tanto scalpore tra l’opposizione e la stampa che la fiancheggia ma senza una valida ragione. Non è un mistero infatti che in campagna elettorale l’alleanza di centrodestra si era impegnata coi propri elettori per cambiare le cose anche, e non solo, in materia di giustizia. Tutto alla luce del sole, senza tessere trame di alcun tipo ma, soprattutto, senza leggi ad personam. La riforma della giustizia, ormai ineludibile per poter garantire il sacrosanto diritto dei cittadini ad avere anche la certezza dei tempi del procedimento giudiziario, è sempre stata quindi nel novero delle cose da fare. Ciò nonostante oggi, che ci si accinge a mettere mano davvero alla riforma, l’opposizione grida allo scandalo. Ma si tratta di un falso allarme, come lo sono stati tutti quelli degli ultimi diciotto mesi. Peccato che il neo segretario del Pd Bersani sia caduto nella trappola dell’ex pm, che non solo dimostra di non volere la riforma della giustizia (assurgendo peraltro a paladino della casta dei magistrati) ma perde ormai totalmente di credibilità quando attacca a testa bassa il governo. La verità è che sin dal primo giorno di questa legislatura, dopo essere svanito il sogno di una vittoria di Veltroni, Di Pietro ha sempre fatto di tutto per boicottare l’azione del governo e della maggioranza che lo sostiene, infischiandosene delle aspettative di cambiamento di milioni di cittadini. La sua tattica ormai è chiara: una sorta di “muoia Sansone con tutti i Filistei!”, che dimostra quanto poca coscienza, ma soprattutto reale interesse per il bene comune, ci sia nella sua azione politica. "Finalmente anche Bersani ha compreso la necessità che tutte le opposizioni si attivino con iniziative comuni per contrastare il disegno criminogeno di questo Governo che, per risolvere i problemi giudiziari di una sola persona, ci propina la più grande amnistia della storia". Tuona così l’ex pm e presidente di Italia dei Valori, ma le sue invettive sono ormai un’arma spuntata. Tanto spuntata almeno quanto l’annuncio dell’ennesima manifestazione di piazza a Roma, alla quale l'Italia dei Valori già sogna di portare “moltitudini” di cittadini indignati. Insomma, ancora una volta l’opposizione, anziché contribuire ad una seria e proficua stagione politica costituente e riformatrice, continua a prendere in giro i cittadini e si trincera nel più becero e inconcludente antiberlusconismo. Del resto, si sa, quelli della sinistra sono abituati a non mantenere gli impegni elettorali. Come quando, per esempio, nella loro ultima esperienza di governo, dal 2006 al 2008, si guardarono bene dal portare in Parlamento uno straccio di provvedimento per risolvere quello che ritengono essere il problema dei problemi, ovvero il conflitto d’interessi del premier. Come mai? Forse perché, sapendo di non avere una vera maggioranza, né nel Paese né in Parlamento, già allora avevano deciso di risolvere la questione in un altro modo?

martedì, novembre 10, 2009

POLITICA E GIUSTIZIA, BASTA COI VELENI

di Giacomo Stucchi

Ho sentito anch’io l’editoriale del direttore del Tg1 Augusto Minzolini sulla giustizia e, per quanto mi riguarda, vale anche per lui quanto scritto nel mio ultimo intervento su La Padania: la politica non la dettano gli organi di informazione ma le istituzioni a ciò preposte, ovvero Governo e Parlamento. Ciò premesso sfido chiunque a smentire le cose dette da Minzolini. A cominciare da quelle che riguardano il pm di Palermo Antonio Ingroia che, dopo essersi accorto di aver un po’ “tracimato” nelle sue esternazioni di qualche giorno fa, si è affrettato a precisare di non aver “fatto alcuna critica nei confronti del governo”, aggiungendo anche che alcune sue frasi “sono state estrapolate dal contesto e ad esse è stato attribuito un significato diverso” e chiarendo che comunque non ha “né obiettivi, né programmi politici tanto meno di ribaltare posizioni o attuali assetti politici e istituzionali”. Un sospetto, quello del complotto politico, che il pm ha voluto fugare, sgombrando il campo da qualsiasi equivoco, e bollandolo come “l'accusa più grave che si possa fare a un magistrato”. Dal suo punto di vista è di certo così. Nel senso che attribuire all'operato di un magistrato un significato che non sia quello della ricerca della giustizia e della verità, è certamente un’accusa infamante. Ma il punto è che se Ingroia ha sentito la necessità di fare le suddette precisazioni, forse è anche perché ad essere rimasti un po’ sorpresi dalle sue parole sono stati un po’ tutti. In un sistema “normale”, dove i poteri istituzionali si equilibrano al fine di garantire la democrazia come bene supremo, probabilmente certe prese di posizione non servirebbero, ma la storia degli ultimi anni insegna che questo non vale nel nostro Paese. Dove troppi sospetti, troppe trame, troppi sotterfugi, hanno caratterizzato i rapporti tra le istituzioni della Repubblica, specie quelli tra mondo politico e potere giudiziario, minando alla base la possibilità di una leale e proficua collaborazione nell’interesse di tutti i cittadini. Né serve a migliorare le cose il veleno che proprio un ex magistrato, ormai dedicatosi alla politica, non perde occasione per spargere a piene mani. Ci riferiamo ad Antonio Di Pietro che, commentando la proposta del presidente della Camera, Gianfranco Fini, di un disegno di legge di iniziativa parlamentare, per processi brevi, ha subito sentenziato:”E' un atto criminale che solo questo Parlamento può pensare di emanare”. Per la verità, più che il provvedimento in sé, a noi pare più criminale il fatto che un cittadino non abbia la certezza di una giustizia in tempi “umani”. Inoltre l’aut aut di Di Pietro, posto peraltro ancor prima che il provvedimento arrivi in aula, suona un po’ come una larvata minaccia ai parlamentari che, secondo lui, non dovrebbero pensarci neppure a mettere mano ad una riforma della giustizia!

NARCOTEST NEGATIVO















































venerdì, novembre 06, 2009

L'AGENDA POLITICA NON LA DETTANO I GIORNALI

di Giacomo Stucchi

Ho molto rispetto per tutta l’informazione ma ritengo che le analisi giornalistiche, sia che provengano dai salotti televisivi sia dagli editoriali in prima pagina, non possano in alcun modo dettare l’agenda della politica. Mi riferisco, in modo particolare, all’ultimo fondo di Vittorio Feltri pubblicato su Il Giornale che, tra l’altro, ipotizza “un predellino due, cioè un Pdl pronto a correre da solo, alleggerito dalla zavorra, e a strappare la maggioranza con il noto premio, quindi allearsi con chi ci starà, la Lega e magari l'Udc. Se ciò avvenisse, Berlusconi avrebbe facoltà di riformare quanto gli garba”. Noi non sappiamo a quali fonti attinga Feltri per le sue informazioni ma registriamo che negli ultimi tempi, in coincidenza con la sua nomina a direttore de Il Giornale, parecchi dei suoi “scoop” hanno poi dato la stura ad una serie infinita di dichiarazioni, commenti e polemiche. Ritengo che un conto sia informare su certi fatti accertati che servono a svelare la verità, pur con tutte le possibili conseguenze che questo comporta, un altro è invece instillare nel dibattito politico veleni che non servono a nessuno e, tanto meno, ai cittadini. Il punto è che ci sono dei luoghi deputati al confronto tra le forze politiche, in primis il parlamento, che non possono “delegare” la loro funzione a nessuno. Se così fosse, allora, sarebbero i cittadini per primi ad essere legittimati nella richiesta di scioglimento delle Camere e dell’interruzione di questa legislatura. Che invece, a nostro giudizio, ha ancora molto da dire, essendo peraltro giunta neppure alle metà del suo cammino. Certo, le analisi di Feltri su certe prese di posizione di Farefuturo, la fondazione nata da un idea del presidente della Camera Fini, che oggettivamente contrastano, e non poco, con quanto stabilito sia nel programma elettorale della maggioranza di centrodestra, sia nell’agenda di governo, hanno una loro validità. Ma da questo a dire che si corre il rischio d un “nuovo predellino” e, quindi, di elezioni anticipate già nei prossimi mesi, ce ne passa! Forse, come sempre, la verità sta nel mezzo. E’ vero che occorre una nuova spinta all’azione dell’esecutivo, soprattutto per portare a termine le riforme che servono al nostro sistema istituzionale. Ma è altrettanto vero che, tra l’emergenza spazzatura a Napoli, già nei giorni successivi all’insediamento dell’attuale Parlamento, la crisi economica dell’ultimo anno, le calamità naturali di questi mesi e, per finire, certi siluri mediatici della stampa di sinistra, che hanno mirato (senza riuscirci) a mettere in ridicolo il Cavaliere, è possibile che i molteplici fronti sui quali è stato impegnato il presidente del Consiglio e il suo governo hanno forse complicato il dialogo tra le forze politiche della maggioranza. Ma certe analisi sulla situazioni politica, che magari non tengono conto sino in fondo né dei tempi né della modalità della stessa, andrebbero forse meglio meditate e approfondite. Lo dice un parlamentare che, come uomo della Lega Nord, ma anche come cittadino, non vede l’ora che certe riforme vadano in porto, anche per averci creduto e lavorato da molti anni. Ma è proprio l’esperienza a insegnare che in politica il detto “la calma è la virtù dei forti” è quanto mai valido.

mercoledì, novembre 04, 2009

PARIGI - 3-4/11/09 - UNIONE EUROPA OCCIDENTALE





































































martedì, novembre 03, 2009

REGIONI, PERCHE' LA LEGA CI TIENE TANTO

di Giacomo Stucchi

La settimana di pausa dei lavori parlamentari potrebbe essere l’occasione buona per fare il punto tanto sull’attuazione del programma elettorale quanto sulle candidature per le regionali. Su quest’ultimo aspetto, in particolare, negli ultimi mesi ha tenuto banco sugli organi di informazione la questione relativa a quali e quante candidature potessero essere espressione diretta di uomini della Lega Nord. Noi non abbiamo dubbi sul fatto che il nostro segretario federale Umberto Bossi e gli alleati del Pdl sapranno trovare le soluzioni migliori ma, nelle more che tutte le caselle vadano al loro posto ci limitiamo ad osservare che il Carroccio di certo non deficita di validi candidati in ogni Regione dove si andrà a votare. Certo, quelle del Nord vedono più direttamente impegnati i nostri militanti e quindi il supporto a candidati della Lega non potrà che essere totale, ma anche un po’ più giù, penso all’Emilia, ci sono candidature di assoluto valore così come lo sono i nostri elettori. D’altra parte l’attenzione della Lega Nord agli organi regionali, che nell’ottica del federalismo fiscale assumono un ruolo di assoluto rilievo, non può che essere assoluta ed è per questo che ci teniamo molto a guidarne il più possibile. Sul fronte delle riforme, invece, speriamo che la settimana in corso serva a chiarire alcune cose. In primis l’atteggiamento dell’opposizione rispetto alla grande stagione costituente che è dinanzi a noi. Abbiamo già riferito in un precedente intervento del nostro scetticismo riguardo ad un dialogo costruttivo con le forze del centrosinistra, alimentato peraltro sia dalle prime “dichiarazioni di guerra” di alcuni dirigenti del Pd, subito dopo la celebrazione delle primarie del loro partito, sia dalla scissione voluta da Rutelli che ha già fatto armi e bagagli per andare verso altri lidi. Circostanze che ci sono sembrate non proprio “favorevoli” all’avvio di una fase costruttiva dell’opposizione nei confronti del processo riformatore voluto dal centrodestra, e in particolare dalla Lega Nord. Come andrà a finire? Difficile fare previsioni, soprattutto nell’immediato, ma un fatto è certo: continuare con il clima di scontri e veleni, che ha caratterizzato questo primo anno e mezzo di legislatura, non serve a nessuno.