Giacomo Stucchi - Senatore Lega Nord Padania -

PENSIERI E IMMAGINI: vi presento il mio blog. Un modo per tenermi in contatto con gli elettori, con gli amici e con tutti coloro che, anche con opinioni diverse dalle mie, desiderano lasciare un loro commento. Grazie.

venerdì, maggio 25, 2007

Perché su Unipol tutto tace?

di Giacomo Stucchi
In quanti credono che sulla vicenda Unipol-Bnl, esplosa nell'estate del 2006, tutto sia stato chiarito? Credo nessuno. La convinzione generale è che tutto sia caduto prematuramente nell'oblio politico e mediatico. Insomma, una sorta di prescrizione propedeutica, o se volete alternativa. Fatto sta che adesso quei fatti tornano prepotentemente agli onori della cronaca, come quei rifiuti che gettati in mare non ne vogliono sapere di affondare, dopo che il Giornale ha ricostruito quelle “calde” giornate di luglio e, in particolare, pubblicato le dichiarazioni a verbale del comandante generale della Guardia di Finanza, Roberto Speciale.L'alto graduato avrebbe riferito ai giudici di Milano di aver ricevuto ripetute pressioni da parte del vice ministro Vincenzo Visco al fine di rimuovere i gli ufficiali impegnati nelle indagini sul caso Unipol. Manco a dirlo le rivelazioni hanno messo in subbuglio, più di quanto già non lo fosse, l'Unione e tutto quel coacervo di interessi politici ed economici che gli gravitano intorno.Perché, proprio quando è in atto da parte degli strateghi del centrosinistra un disperato tentativo per annacquare la propria incapacità a governare (mistificandola con una inesistente crisi generale della politica) e, cosa forse ancora più importante, alla vigilia di una nuova tornata elettorale amministrativa (che potrebbe rappresentare davvero il capolinea per Prodi e compagni), l'ultima cosa che ci voleva erano queste nuove rivelazioni. Che si aggiungono peraltro alle grane politiche sulla composizione del cosiddetto comitato del Partito Democratico che, prima ancora di cominciare a lavorare, è già messo in discussione proprio dagli stessi esponenti del centrosinistra che ne sono rimasti esclusi.Tanto che viene da chiedersi se, alla luce di questi primi passi del nuovo partito, che non lasciano presagire nulla di buono per il futuro, non sarebbe stato meglio lasciare tutto com'era. Anche perché ogni giorno che passa, più che interessarsi alle sorti del nuovo soggetto politico, i cittadini si chiedono soltanto quand'è che questi del centrosinistra se ne vanno a casa. Anch'io, intervenendo peraltro qualche giorno fa in commissione Affari costituzionali alla Camera (quale relatore sull'indagine conoscitiva sui costi della politica), mi sono posto una semplice domanda: che le facciamo a fare le indagini parlamentari sugli sperperi della politica quando poi un rappresentante del Governo, chiamato in causa con pesanti accuse che ancorché non rilevanti sul piano penale lo sono certamente su quello politico, resta incollato alla sua poltrona istituzionale? Oltre al fatto di accertare chi dei due, il generale della Guardia di Finanza Speciale o il vice ministro Visco, dice la verità (che non è certo una cosa indifferente all'opinione pubblica, considerando i ruoli che ricoprono) c'è infatti una responsabilità politica che non può in alcun modo essere sottaciuta.Tale responsabilità attiene tutta al rappresentante del Governo che, lo diciamo senza usare mezzi termini, ancorché sfiorato dal dubbio di un suo presunto o reale interessamento nel dirottare le indagini della Finanza sul caso Unipol, dovrebbe evitare di restare un minuto di più al suo posto. Visco infatti rappresenta il Governo e il fatto che un quotidiano abbia pubblicato un verbale, nel quale un alto graduato della Finanza lo tira esplicitamente in ballo, dovrebbe procurargli una tale indignazione da farlo sobbalzare dalla sua poltrona.Delle due l'una, o non mente, e allora avrà tempo e modo per dimostrare la verità, o dice il falso, in tal caso bisognerà accertare sino in fondo perché abbia agito per coprire Unipol. Nell'una, e nell'altra ipotesi, le dimissioni sarebbero una dimostrazione di grande saggezza e di dignità. Caratteristiche che però, sino ad oggi, non hanno contraddistinto né l'operato di Visco, forse perché troppo impegnato a inventarsi sempre nuovi balzelli, né tanto meno il Governo nel suo complesso, che anche in questa vicenda dimostra di avere una faccia di bronzo più dura della bitta di una nave.

Tratto da LA PADANIA [Data pubblicazione: 25/05/2007]

L’unione ha fallito, ne prenda atto

di Giacomo Stucchi


Muoia Sansone con tutti i Filistei. E’ la conclusione alla quale in genere arrivano tutti coloro che, messi alle strette dalle circostanze, ma anche dalla propria incapacità, non hanno più una via di scampo. Vorremmo tanto sbagliarci ma abbiamo l’impressione che i dirigenti dell’Unione stiano per fare la stessa cosa. In altre parole il centrosinistra, constatato il proprio fallimento al Governo, vuol far credere che questa disfatta sia il frutto del decadimento di tutto il sistema politico. Che ai problemi dei cittadini, dalle pensioni basse alla mancanza di sicurezza, dal caro affitti al lavoro precario, non sia stata trovata una soluzione, è un dato di fatto. Ma che c’entra col sistema politico? Se siamo sull’orlo di un baratro, oltre il quale ci stanno caos e sfiducia generale, la colpa non è di tutte le forze politiche (come certe interviste, come quella al vice presidente del Consiglio Massimo D’Alema, o alcuni sondaggi, di esperti che indovinano sempre meno, pubblicati sul Corsera, vorrebbero far credere) ma di chi non riesce a governare pur occupando tutte le poltrone istituzionali. Insomma, è in atto un depistaggio allo scopo di confondere la profonda crisi, quella veramente esistente, del centrosinistra con una più generale del quadro politico. Si tratta di una enorme, oltre che sciagurata, mistificazione che fa a pugni con la realtà dei fatti. Che dice, per esempio, che nel dicembre 2006 più di un milione di persone sono scese nella piazza romana di San Giovanni per dire che non volevano essere più governate da Prodi e i suoi ministri; così come, appena qualche giorno, fa molte centinaia di migliaia di cittadini hanno manifestato, sempre a Roma, in difesa dei valori della famiglia che l’Unione vorrebbe distruggere; e ancora, che evidenzia come l’affluenza alle urne alle ultime amministrative siciliane, l’ultimo dato elettorale al quale fare riferimento, sia stata superiore al 70 per cento. Alle luce di tutto questo, con quale faccia si può dire che nella gente c’è disaffezione alla politica? C’è invece, quello si, avversione per il Governo e per i partiti che lo sorreggono. Che infatti perdono voti e gradimento dappertutto. Hai voglia a presentare libri sulla famiglia, come quello della signora Prodi, allo scopo di accreditare un immagine più congeniale e familiare del presidente del Consiglio, quando i fatti dicono che al Professore, e ai suoi compagni, della famiglia non gliene importa un bel niente. Tanto è vero che non appena rimesso piede a Palazzo Chigi, la prima cosa che hanno fatto è stata quella di tartassarla con nuove e inutili imposte con il risultato di impoverirla sempre di più, come confermano le statistiche. Ma il peggio deve ancora venire. Perchè se non c’era attenzione ai problemi dei cittadini nei mesi scorsi, quando non si era ancora consumata la scissione nei Ds, a maggior ragione non ce ne potrà essere oggi, o nelle prossime settimane, adesso che il Governo non ha più nessun margine di manovra al Senato. Dove, con la costituzione del gruppo parlamentare dei dissidenti, quella parte cioè dei diessini che non hanno seguito Fassino ma Mussi, i condizionamenti alla sinistra moderata da parte di quella radicale si faranno sentire con più forza. La verità è che stiamo assistendo ad una lenta ma inesorabile agonia di tutto il centrosinistra e vorrebbero farci credere che la metastasi si sia propagata oltre i confini dell’Unione. Non è cosi. Il Carroccio, e il popolo della Padania, sanno perfettamente cosa vogliono: uno Stato federalista nel quale, per esempio, una regione che ha programmato le misure da adottare per risolvere il problema dello smaltimento dei rifiuti solidi urbani, come la Lombardia, non debba essere costretta dal governo centrale a provvedere anche per quelle che non l’hanno fatto, come la Campania, e che adesso si trovano nei guai. Guai seri. Ma non per colpa della politica, ma a causa di governanti incapaci che da lustri stanno alla guida della regione, sperperando il denaro pubblico, senza fare nulla per risolvere i problemi. Il fatto è che in regioni come la Campania e la Puglia, in città come Bologna, il centrosinistra non sa amministrare anche perché ingessato da mille condizionamenti e compromessi. Conseguenza inevitabile quando, pur di vincere le elezioni, si mette insieme tutto e il suo contrario.
Tratto da La Padania del 23 maggio 2007

giovedì, maggio 17, 2007

LE PROMESSE NON MANTENUTE DELL’UNIONE

di Giacomo Stucchi

Per il momento dalle parti del Governo ci si è affrettati, come era prevedibile, a minimizzare la frana elettorale siciliana, sostenendo che si tratta solo di un test locale; staremo a vedere cosa si inventeranno tra quindici giorni quando in Padania ci sarà il vero e proprio KO per Prodi e la sua coalizione. Tuttavia se il turno elettorale nell’isola (rivelatosi, tranne pochissime enclave, veramente catastrofico per l’Unione) nell’immediato non ha comportato dirette conseguenze sulla stabilità dell’Esecutivo, ciò non significa che delle riflessioni, al di là della Sicilia e delle sue complesse vicende politiche, non possano comunque essere fatte. In primo luogo perchè, per quanto possano smentire a Palazzo Chigi, non c’è dubbio che il voto sia più che un campanello d’allarme per questo agonizzante Governo. Nella situazione in cui si trovano oggi il Presidente del Consiglio, i suoi Ministri, e tutte le forze politiche che li sorreggono, con una popolarità che sta ben al di sotto dello zero, il voto di Palermo o di Ragusa non può che peggiorare le cose per Prodi e compagni. Il voto popolare ha infatti una sua sacralità istituzionale, che può confermare o smentire previsioni e sondaggi, che costituisce l’essenza stessa della democrazia. In altre parole, è verosimile che il Professore non si dimetterà né ora né dopo la debacle di fine mese, quando comuni e province del Nord gli daranno un ulteriore inequivocabile segnale di non gradimento, ma è altrettanto probabile che nel centrosinistra da molti mesi niente è più come prima. Nel senso che l’ottimismo e l’entusiasmo dei tempi delle primarie (quando era sin troppo facile dare addosso alla CdL per tutto ciò che non andava e al contempo fare un milione di promesse ai cittadini, pur sapendo che non sarebbero mai state mantenute) è davvero finito. Per lasciare il posto, ed è questa la seconda riflessione, ad esperimenti politici da laboratorio che francamente la gente non capisce. Perché, diciamolo pure, Fassino e Rutelli si saranno chiesti, almeno per un istante, se il disastro elettorale siciliano sia anche una bocciatura al loro progetto politico. Perché è vero che nell’elezione per i sindaci e i Presidenti delle Province contano molto le individualità e le storie personali di ogni singolo candidato, che ci mette la faccia, ma è anche vero che le assise di scioglimento di Ds e Margherita sono un fatto troppo recente per non pensare che in qualche modo abbiano potuto influire nel voto amministrativo. Il fatto è che la gente è delusa da un anno di governo del centrosinistra e i suoi dirigenti, anziché interrogarsi sulle ragioni del malessere e fare qualcosa per alleviarlo, cosa fanno? Fondano un nuovo partito dal quale, al momento, sono più le persone che vi escono che non quelle che avrebbero dovuto entrarci. Si azzuffano per la conquista di un posto al sole nel nuovo organigramma e, profittando di questa fase costituente, colgono pure l’occasione per qualche regolamento di conti rimasto in sospeso. Insomma, l’elettore di centrosinistra assiste inerme alla rappresentazione del peggio della politica con attori protagonisti proprio i partiti per i quali avrebbe dovuto votare. E tutte le promesse fatte in campagna elettorale dall’Unione? Non è stata mantenuta nemmeno una. Sicché hanno un bel da fare Giordano e il ministro Ferrero ad andare nella fabbrica di Mirafiori a distribuire volantini e cercare di salvare il salvabile. A Torino, come è ormai una abitudine dappertutto, sono stati contestati e rispediti nel loro palazzo. Lavoratori e famiglie hanno infatti capito che questo Governo non farà mai nulla per loro perché è ostaggio di politiche vessatorie, in ossequio alle quali Prodi è disposto a sacrificare molto di più che gli interessi di chi lavora in fabbrica; perché non ha un progetto condiviso sulle cose da fare, ad eccezione dell’aumento delle tasse; perché la coalizione che lo sorregge è sempre stata, e sempre lo sarà, soltanto contro Berlusconi e non a favore di qualcosa. Ce n’è abbastanza per capire perché oggi la maggior parte della gente si guardi bene dal votare l’Unione.
Tratto da LA PADANIA del 16 maggio 2007

martedì, maggio 15, 2007

CON L’UNIONE SOLO FOLCLORE

di Giacomo Stucchi

Se ogni giorno ha le sue pene, con Prodi al governo ogni ora è diventata una pena. Per voi lettori questa mia affermazione non è una novità, ma lo spettacolo indecoroso al quale ormai da un anno assistiamo, quello di un Esecutivo che si arrampica continuamente sugli specchi senza sapere dove andare a parare, mi spinge a riproporla. Gli ultimi esempi sono, da un lato, la trattativa sulle pensioni, sulla quale il presidente del Consiglio mente quando dice che a riguardo nella maggioranza “non c’è nessuna tensione”, e dall’altro lato, la fiducia sul provvedimento, già approvato dal Senato, sulle disposizioni urgenti per il “ripiano selettivo dei disavanzi pregressi nel settore sanitario”. Che, tradotto dal burocratese, significa che ancora una volta a risanare i bilanci in rosso di alcune regioni, soprattutto Lazio e Campania, che fanno dello sperpero del denaro pubblico la loro principale attività, saranno i contribuenti del Nord. Tutto questo in barba ai bei discorsi sul federalismo che questa maggioranza a parole dice di condividere ma che poi, nei fatti concreti, rigetta spudoratamente facendoci anzi tornare indietro di decenni. Perché un provvedimento, qual è quello sul risanamento dei “buchi” nella sanità di alcune Regioni, che si contraddistingue tra l’altro per una forte ingiustizia sociale (altro che solidarietà!) tra le Regioni virtuose e quelle che scialacquano i soldi dei cittadini e non programmano alcunché, altro non è che il peggiore esempio di Stato centralista e dirigista contro il quale il Carroccio si batte da anni. Una cosa simile forse non l’avrebbero pensata nemmeno nella prima Repubblica. L’altro scandaloso comportamento del Governo è quello in atto sul fronte previdenziale. Non oso nemmeno immaginare cosa sarebbe successo se a menar il can per l’aia, come stanno facendo Prodi e i suoi ministri dall’aprile 2006, fosse stato il governo precedente. I sindacati avrebbero indetto uno sciopero a settimana, i partiti della sinistra una manifestazione al giorno, giornali e osservatori, di parte, crocifisso la CdL e indicata al pubblico ludibrio per manifesta incapacità di dialogare con i lavoratori e le rappresentanze sindacali. Si dirà che dopo il fallimento dell’ultimo incontro tra Governo e sindacati (nel quale peraltro il responsabile dell’Economia Padoa Schioppa ha implicitamente riconosciuto la validità della riforma previdenziale varata dal centrodestra, dopo che la stessa era stata osteggiata, soprattutto dalla sinistra radicale, in campagna elettorale), è stato già proclamato uno sciopero generale. Ma questa decisione, che arriva dopo una lunga fase interlocutoria, durante la quale i rappresentanti dei lavoratori sono rimasti straordinariamente silenti, è una reazione minima rispetto all’indifferenza manifestata dal Governo. Insomma, al di là dei destini di previdenza e sanità, il punto è che siamo veramente al non plus ultra della presa in giro. Che ha raggiunto il culmine con il recente autocompiacimento di Prodi per la promozione dei conti pubblici da parte dell’Unione europea; quando persino un bambino intuisce che neppure Mandrake, in pochi mesi di Governo, avrebbe mai potuto predispsorre, approvare e rendere esecutivi provvedimenti in grado di incidere profondamente sull’andamento dell’economia. Figuriamoci poi un Governo che è retto da una coalizione che al massimo, con le variegate e ondivaghe posizioni dei suoi esponenti, può fare folclore ma non certo politica e tanto meno una seria azione di governo. La verità è che il Professore si è trovato a cavalcare l’onda di una ripresa economica dovuta ad una congiuntura ritornata favorevole, dopo anni di ribasso, ma anche all’efficacia di provvedimenti (soprattutto sul fronte fiscale), adottati dai precedenti governi della CdL, che hanno cominciato a dare i loro frutti. Tanto è vero che tutti i dati economici positivi si registrano a partire dai primi mesi del 2006, ovvero poco prima del ritorno di Prodi a Palazzo Chigi. Comunque, se il merito della ripresa fosse veramente suo, come vergognosamente egli cerca di far credere all’opinione pubblica, allora per i prossimi mesi dovremmo aspettarci miracoli.

mercoledì, maggio 09, 2007

L’attivismo di Sarkozy e il buco nero di Prodi

di Giacomo Stucchi

«È suggestivo - ha fatto notare il vulcanico Giuliano Ferrara intervenendo nel salotto televisivo di Bruno Vespa - che là dove in Francia finisce la campagna elettorale per le presidenziali, con la vittoria... ...della destra e di Nicolas Sarkozy, in Italia ne cominci un’altra» con le forze politiche di destra e di sinistra che si accapigliano nell’interpretare a proprio uso e consumo le ragioni del voto francese. Da un lato, infatti, Forza Italia, Alleanza Nazionale e Udc (sia pur con sfumature diverse) plaudono alla capacità del neo Presidente di essere riuscito a segnare una svolta nel gollismo francese; dall’altro lato, invece, i soci fondatori del Partito Democratico, Fassino e Rutelli, intravedono, nella sconfitta di Ségolène Royal, la prova della validità del loro progetto, ovvero che non si vince coi soli voti della sinistra ma con la conquista di quelli di centro. In realtà la sponda sinistra dello schieramento politico italiano guarda all’esperienza d’Oltralpe nell’improbabile speranza di trarne qualche ispirazione per uscire dall’impasse nella quale si è cacciata. Anche perché se il Presidente Sarkozy è noto per essere l’uomo del fare, che adotta decisioni per risolvere i problemi, e non per dilazionare nel tempo la loro soluzione, al solo scopo di restare al potere, di contro il Presidente del Consiglio italiano si distingue per la capacità opposta.Col ritorno di Romano Prodi al Governo, dodici mesi fa, è infatti cominciato un periodo di immobilismo politico e istituzionale che forse ha pochi precedenti nella storia repubblicana. In pratica il Professore ha intuito, direi da subito, che se voleva restare più di una primavera nella stanza dei bottoni avrebbe dovuto fare tutto tranne che usarli.In altre parole, Prodi, che si limita ad intervenire solo quando si tratta di piazzare suoi uomini nei gangli vitali dell’Amministrazione dello Stato, o di influenzare le grosse operazioni economiche, ha perfettamente capito che tirare a campare è l’unica arma che ha per restare dov’è il più a lungo possibile. Solo così infatti egli può sperare, da un lato, di non toccare i precari equilibri sui quali si regge la sua risicata maggioranza e, dall’altro lato, aggirare i mille lacci e laccioli coi quali i suoi alleati credono di imbrigliarlo.Si spiega così il giochetto degli ultimi mesi su Dico, riforma delle pensioni, riforma del sistema radiotelevisivo e, da ultimo, blind trust (nuova legge sul conflitto di interessi), che consiste nell’annunciare un provvedimento governativo (magari approvarlo con un decreto, come è stato per le cosiddette liberalizzazioni di Bersani) salvo lasciarlo poi al suo destino in Parlamento. Dove peraltro, non avendo i numeri a sufficienza per portare avanti e difendere un qualsiasi programma di Governo, evita diligentemente di misurarsi.È come se ad un certo momento l’attività di Governo, che si estrinseca in tutta una serie di attività, in Parlamento, nelle riunioni del Consiglio dei Ministri, nei rapporti coi partiti, tanto di maggioranza quanto di opposizione, nelle trattative coi sindacati, nei rapporti con la Chiesa e in tutte le altre relazioni internazionali, finisse in un enorme buco nero. Tutto viene risucchiato in quel centro gravitazionale di potere, che è diventato Palazzo Chigi, dove il Presidente del Consiglio, e i suoi “prodi”, fanno e disfanno come meglio credono, mentre nessuno si cura di trovare delle soluzioni ai mille problemi da risolvere. Anzi, come avveniva ai tempi della vecchia Democrazia Cristiana (della quale Prodi è un epigono), più confusione si crea più è probabile che si resti in sella.Se i latini seguivano il motto “dividi e impera”, Prodi invece spariglia in continuazione il gioco pur di rimanere dov’è. Col risultato che i primi a non capirci più nulla sono proprio i suoi alleati che, ripetutamente, vengono mandati allo sbaraglio. Come è accaduto con la proposta di eliminare l’Ici sulla prima casa, sulla quale il Presidente del Consiglio prima ha mandato in avanscoperta Rutelli salvo poi, quando si trattava di fare sul serio, smentire il suo stesso Vice. Ma il capo del Governo sembra non preoccuparsene più di tanto perché l’importante non è fare qualcosa per i cittadini ma fare di tutto per restare a Palazzo Chigi.
Tratto da LA PADANIA [Data pubblicazione: 09/05/2007]

mercoledì, maggio 02, 2007

Immigrazione, l’incoscienza del Governo non ha pari in Europa

di Giacomo Stucchi

Il provvedimento approvato lo scorso 24 aprile dal Consiglio dei Ministri, che delega al Governo il riesame della disciplina dell' immigrazione e delle norme sulla condizione dei cittadini stranieri, lungi dal promuovere l'immigrazione regolare e favorire l'incontro fra domanda e offerta di lavoro (come si legge nel disegno di legge presentato dai ministri dell´Interno, Giuliano Amato, per la Solidarietà Sociale, Paolo Ferrero) è in realtà un lasciapassare per chiunque, criminale o meno, abbia voglia di entrare in Italia e fare quello che gli pare. Tra le tante sciagurate novità, che metteranno le nostre città alla mercé degli stranieri (non tutti animati da buone intenzioni e desiderosi di venire a lavorare), sono da sottolineare: la durata del “decreto flussi”, che fissa le quote di stranieri da ammettere in Italia e che da annuale diventerà triennale; l'introduzione di un canale privilegiato, al di fuori delle quote stabilite per i flussi, al fine di consentire l'ingresso di lavoratori altamente qualificati; laconcessione “veloce” di un permesso di soggiorno della durata massima di 5 anni per i soggetti particolarmente qualificati nei campi della ricerca, della scienza, della cultura, dell’arte, dell'imprenditoria, dello spettacolo e dello sport; infine, dulcis in fundo, la riesumazione dello "sponsor", che potrà far entrare immigrati per motivi di lavoro, offrendo garanzie di carattere patrimoniale sul loro sostentamento e sul loro eventuale rimpatrio. Ora, a fronte di questa tanto straordinaria quanto incosciente resa incondizionata del Governo dinanzi al fenomeno migratorio (che peraltro vede l’Italia fortemente esposta rispetto a tutti gli altri Stati dell’Unione europea), la cronaca di tutti i giorni evidenzia la triste e amara realtà, fatta di gravi episodi criminali con protagonisti degli immigrati. Dall’inizio dell’anno, si potrebbero citare molti casi in tutta Italia. Solo nelle ultime ore non c’è stato nemmeno il tempo di celebrare i funerali di Vanessa Russo, la giovane uccisa sulla banchina di una fermata della metropolitana di Roma, secondo gli investigatori per mano di una rumena; che un altro fatto criminale, l’assassinio a colpi d’ascia di due coniugi, Ennio Greco e Maria Reda, in provincia di Cosenza, potrebbe vedere coinvolta una badante rumena. Tuttavia, ciò che accade nella vita reale (e non nei Palazzi del Governo, dove Prodi e i suoi ministri sembrano vivere in un altro mondo lontano anni luce dalla realtà) non significa nulla per chi ha in questo momento la responsabilità di garantire la sicurezza dei cittadini. La nostra impressione è che l’Esecutivo, rispetto al fenomeno dell’immigrazione (come già su altri fronti dell’azione di governo, come per esempio quello delle tasse), abbia più un approccio ideologico che pragmatico. Di certo influisce anche il tornaconto elettorale, che l’Unione spera di avere riconoscendo agli immigrati il diritto al voto dopo appena cinque anni di residenza in Italia. Ma rimane incomprensibile come dei governati, che dovrebbero avere a cuore almeno un minimo di interesse per i cittadini, che pagano le tasse ma che vengono ricambiati con il più totale disprezzo dei loro diritti, non si rendano conto che consentire al cittadino straniero di entrare senza nessun controllo in Italia, con la scusa di cercar lavoro ma in realtà sempre più spesso per delinquere, significa consegnargli le chiavi di casa e permettergli di fare quello che vuole. In quale altro Stato di diritto esiste una legislazione del genere? Noi crediamo da nessuna parte. Il ministro Amato, che l’11 e il 12 maggio prossimi a Venezia incontrerà i suoi colleghi di Germania, Spagna, Francia, Polonia e Regno Unito per la riunione dei Ministri dell’Interno del G6, che serve a concordare azioni in materie di reciproco interesse (come sono quelli delle migrazioni, della lotta alla criminalità organizzata e al traffico di droga, del terrorismo internazionale), potrebbe però constatarlo di persona e magari trarne le conseguenze.