Giacomo Stucchi - Senatore Lega Nord Padania -

PENSIERI E IMMAGINI: vi presento il mio blog. Un modo per tenermi in contatto con gli elettori, con gli amici e con tutti coloro che, anche con opinioni diverse dalle mie, desiderano lasciare un loro commento. Grazie.

martedì, gennaio 30, 2007

Nel Palazzo c’è aria di vecchio

di Giacomo Stucchi

Sapete qual è la differenza tra i partiti, di destra o di sinistra poco importa, e la Lega Nord? Che i primi stanno a cincischiare sul nulla, mentre il Carroccio va dritto al sodo. Se sul fronte dell’Unione, infatti, si continuano gli esperimenti sulle liberalizzazioni inutili e sul falso riformismo, dal lato della Cdl invece, anziché proporsi come valida forza alternativa alla maggioranza, ci si perde in discorsi surreali quali la leadership del centrodestra o il partito unico. La sensazione è che si voglia tornare a formule politiche che la gente ha ormai sepolto da tempo. I dialoghi trasversali tra centristi, gli accordi sotto banco tra alcune forze politiche dell’una e dell’altra coalizione, ci fanno tanto pensare ad una armamentario da Prima Repubblica, che il popolo ha scacciato via per sempre democraticamente. Non ci stupiremmo neppure se, nelle prossime settimane, in nome della stabilità politica, qualcuno riproponesse formule quali quella del pentapartito. Nei palazzi della politica romana si sente aria di vecchio. In questo quadro un movimento propositivo e popolare, qual è quello guidato dal segretario federale Umberto Bossi, non può certo stare a guardare. Anche perché mentre lor signori parlano, e magari si mettono d’accordo su come fare una legge elettorale che escluda dal Parlamento quelle forze politiche che non intendono rinunciare alla libertà e all’autodeterminazione, i popoli della Padania spingono sempre di più affinché ci si liberi dal capestro romano. La Lega, come è noto, ha tentato in tutti i modi di agire con le vie democratiche per intraprendere la via del federalismo e dell’autentico riformismo, ma purtroppo non c’è stato niente da fare. Le forze conservatrici e centraliste, che a Montecitorio e Palazzo Madama siedono tanto a destra quanto a sinistra dello schieramento politico, hanno messo in campo tutto il loro potenziale e l’unica forza politica e popolare che le ha combattute è stata la Lega Nord. Noi siamo un movimento di lotta. Abbiamo fatto parte del Governo Berlusconi perché quella era l’unica strada possibile per avere il federalismo e i fatti ci hanno dato ragione, perché siamo riusciti a fare approvare in Parlamento la prima vera riforma costituzionale della storia Repubblicana. Abbiamo impegnato per una legislatura tutte le forze politiche sui temi del federalismo e della revisione della Carta costituzionale, mettendo in discussione anche nell’opinione pubblica vari temi che sembravano essere intoccabili. Non è stata una cosa da poco, direi tutt’altro. Abbiamo anche instillato nella società civile l’idea che il cambiamento è possibile se lo si vuole davvero. Siamo convinti che da tutto questo nessun Governo potrà facilmente tornare indietro e far finta che non sia accaduto nulla, ma non è detto che non ci proveranno portare indietro l’orologio della storia. Il compito della Lega è impedire che questo accada. Se non vogliamo che il federalismo resti solo una parola vaga da citare negli annuari politici o nei libri scolastici, dobbiamo riportare con forza il tema al centro del dibattito politico. I Pacs, così come la benzina nei centri commerciali, o il partito unico di centrodestra o di centrosinistra, alla gente del Nord non gliene frega niente se poi comunque il risultato è che le decisioni che contano continuano ad essere prese ad un livello istituzionale troppo lontano dal popolo affinché questi possa veramente decidere del suo destino. Ci si riempie tanto la bocca coi temi dell’europeismo ma dell’Europa si prendono solo le cose che convengono. Mai una volta, per esempio, che si parli di come in Spagna o in Germania vengono garantite le autonomie locali. Perché lì è possibile farlo e da noi invece solo a parlarne si viene tacciati di terrorismo? Il fatto che la Lega abbia condiviso con altri partiti l’esperienza di governo, ad onor del vero unica vera stagione riformista prima dell’oscurantismo di Prodi, non significa che adesso debba rinunciare alla propria identità abbandonando le ragioni per le quali è nata. Né tanto meno è pensabile che il Carroccio presti il fianco a chi non vuole cambiare, ignorando le spinte che vengono dal basso. E allora l’unica strada è quella di sempre: federalismo, federalismo, federalismo.

martedì, gennaio 23, 2007

NON ABBASSIAMO LA GUARDIA

di Giacomo Stucchi

Ormai li conosciamo, ci hanno abituato a continue accelerazioni, seguite da altrettanti dietro front, che hanno reso l’azione del governo tanto velleitaria quanto ridicola. Anche sull’annunciata riforma della pubblica amministrazione (come del resto avevamo previsto nel nostro intervento del 21 scorso su la Padania) l’Unione dimostra la sua vocazione al suicidio politico. Tra le tante contraddizioni della riforma, né i sindacati né i dipendenti pubblici hanno capito, per esempio, se la mobilità è automatica o volontaria. Perché il ministro per le Riforme, Luigi Nicolais, i giorni pari propende per la prima ipotesi, mentre quelli dispari per la seconda. Forse qualcuno dovrebbe spiegargli che le riforme dovrebbero servire a migliorare e non a complicare la vita delle persone. Ma per un fallimento annunciato, un efficace riforma della pubblica amministrazione è impossibile senza federalismo, c’è già pronta un altra chicca. Che potrebbe arrivare già col prossimo Consiglio dei ministri con all’ordine del giorno il nuovo pacchetto di liberalizzazioni. Che però è verosimile non riguarderanno i settori importanti, che andrebbero veramente liberalizzati, come quelli dei servizi essenziali ai cittadini, ma qualche altra categoria che come al solito il ministro Bersani uscirà dal cappello. Chissà, forse questa volta saranno presi di mira gli antennisti, oppure i gommisti. Con queste premesse è veramente difficile prendere sul serio qualsiasi ipotesi di dialogo tra maggioranza e opposizione. Eppure, con il nuovo anno una parte dell’opposizione, segnatamente quella che fa riferimento all’Udc, ha deciso di venire allo scoperto e offrire pubblicamente la propria disponibilità al Governo sul terreno delle riforme economiche. In particolare il leader dell’Udc Casini, in un articolo pubblicato sul Corsera, ha messo nero su bianco le ipotesi di questo percorso. Tuttavia, se da un lato l’uscita dell’ex presidente della Camera ha il pregio della trasparenza, dall’altro non si può non essere scettici di fronte ad un apertura di credito nei confronti di interlocutori che invece, questa fiducia, ogni giorno dimostrano di non meritarla. Certo, altro discorso sarebbe se la sortita dei centristi fosse mirata a sostituire una parte della coalizione nella compagine governativa. Ma questa è un ipotesi che neppure prendiamo in considerazione, perché prima ancora che ciò avvenga avremmo gridato già mille volte di andare alle urne. Le elezioni, infatti, restano forse l’unico vero punto di svolta per uscire dall’impasse nella quale Prodi e compagni ci hanno cacciato; anche per evitare magre figure sullo scacchiere internazionale, come quella che la sinistra radicale sta meditando di far fare al Governo negandogli l’appoggio per il rifinanziamento della missione in Afghanistan dei nostri soldati. Un no di comunisti italiani, verdi e Rifondazione comunista, soprattutto al Senato dove, anche in occasione dell’ultimo voto di fiducia, la maggioranza è rimasta tale solo grazie all’apporto dei senatori a vita, potrebbe far cadere Prodi, ma si tratta di un eventualità troppo bella per essere vera. Sono in pochi infatti a ritenere che la politica estera possa essere la buccia di banana sulla quale il presidente del Consiglio, e con lui i suoi ministri, rischiano di scivolare rovinosamente. E allora? Allora, nell’attesa che arrivi il momento della resa dei conti elettorale, meglio attrezzarsi per una opposizione senza sconti, che denunci all’opinione pubblica le malefatte del Governo, che renda evidente a tutti, più di quanto già non lo sia, come col centrosinistra a Palazzo Chigi non si va da nessuna parte. Ma tutto questo non basta. Come non manca di ammonire in ogni occasione il nostro segretario federale Umberto Bossi, occorre anche vigilare sulla legge elettorale. La sensazione infatti è che il Carroccio potrebbe trovarsi tra due fuochi, quello di un Governo nemico del federalismo (che comunque verrà spazzato via dal popolo alle prossime elezioni) e quello, molto più pericoloso, di un sistema trasversale agli schieramenti che finge di voler cambiare le cose mentre invece mira a mantenere lo status quo, magari andando a votare con una nuova legge truffa che taglia fuori dal Parlamento un movimento scomodo come la Lega Nord. E’ evidente quindi che, al di là delle sorti dell’esecutivo, la posta in palio è molto alta ed è per questo che non dobbiamo abbassare la guardia.

lunedì, gennaio 22, 2007

Le riforme dell’Unione? Meglio il federalismo.

di Giacomo Stucchi

E’ difficile immaginare questo stillicidio ancora per molto tempo. Le contestazioni a Prodi e ai suoi ministri sono ormai all’ordine del giorno anche perché i cittadini, andando alle Poste a pagare il bollo dell’auto o della moto, ricevendo le cartelle esattoriali per la spazzatura e le bollette per le utenze domestiche, cominciano a toccare con mano l’effetto della stangata che l’Unione ha voluto imporre loro, senza peraltro alcun valido motivo. Ma c’è di più. L’altra sera guardavo il dibattito a Porta a porta sui cosiddetti Pacs. Pur annunciando una proposta unitaria entro la fine del mese, era del tutto evidente, anche per un neofita della politica, come tra le ministre Barbara Pollastrini e Rosy Bindi, rispettivamente responsabili delle pari opportunità e delle politiche per la famiglia, non c’è ancora un accordo su un testo condiviso. Alle domande di Bruno Vespa alla Pollastrini (la Bindi non era presente ma, dalla circospezione con la quale la sua collega pronunciava ogni parola, era come se ci fosse) su alcune questioni specifiche, l’imbarazzo era evidente. Per esempio, a chi va l’eredità del de cuius che prima ha avuto un figlio da un matrimonio eterosessuale e poi, decidendo di cambiare vita, oltre a diventare omosessuale ha anche stipulato un Pacs col suo nuovo compagno? In questo caso il patrimonio andrà al figlio o al convivente omosessuale? Boh! Nessuno lo sa. Tanto meno la ministro Pollastrini, che vorrebbe regolamentare le unioni di fatto. Per le quali, lo ricordiamo, esiste già il codice civile nel caso in cui due conviventi decidessero, per esempio, di cointestare il contratto d’affitto oppure, andando da un notaio, di lasciare delle disposizioni testamentarie. Ma, al di là del merito della questione, il problema è soprattutto di metodo. Cioè, fino ad oggi il governo Prodi, che aveva strombazzato a destra e a manca di avere le idee chiare su cosa fare una volta andato a Palazzo Chigi, ha dimostrato invece non solo di non sapere esattamente cosa fare (considerato che il presidente del Consiglio ogni giorno è costretto a dare un colpo alla botta e uno al cerchio, per accontentare le richieste dell’uno o dell’altro partito della sua troppo eterogenea coalizione) ma anche di fare danni enormi al sistema politico-sociale. Che si regge su equilibri molto delicati e che da più di un decennio non riesce ad uscire da una fase di transizione che a questo punto sta diventando cronica. In altre parole, il cincischiare di Prodi e compagni rischia di fare del male ai cittadini ben oltre le conseguenze immediate, come quelle legate all’aumento delle tasse. Mentre gli azzeccagarbugli dell’Unione litigano, e nel frattempo però prendono tempo per rimanere al potere, l’economia va avanti, i fatti (soprattutto internazionali) accadono e cambiano il mondo, le società si evolvono. Il centro sinistra, oltre ad aver dimostrato di non saper cogliere questi cambiamenti, ogni giorno che passa al governo si assume sempre più la responsabilità di un fallimento storico. L’annunciato accordo per la riforma della Pubblica Amministrazione, solo per citare l’ultima trovata del governo, rischia di naufragare prima ancora di cominciare. Sarebbe stato meglio prima mettere mano al federalismo, inteso come vera devoluzione dal centro alla periferia dei poteri decisionali, e poi riformare il settore pubblico. E invece no, il Governo decidendo di accelerare i tempi, anche perché pressato dall’inarrestabile emorragia di consensi elettorali, si assume il rischio di una totale debacle. Di mobilità e meritocrazia infatti se ne parla dalla fine degli anni Ottanta; inoltre, a regolamentare la materia, esiste persino una legge del 1993. Ma il punto è che sino a quando tutte le decisioni verranno prese a Roma, non ci sarà nessuna riforma della Pubblica Amministrazione in grado di cambiare in meglio il sistema. E’ l’esperienza a dirlo, non il Carroccio o il sottoscritto. Ecco perché il risultato sarà quello di un nuovo fallimento, ampiamente annunciato, che però farà perdere altro tempo e risorse preziose.
TRATTO DA "LA PADANIA" DEL 21.01.2007

mercoledì, gennaio 17, 2007

DIETRO IL REFERENDUM L'ENNESIMO INGANNO

di Giacomo Stucchi

Lo avevamo detto che il nuovo anno non avrebbe portato nulla di buono sul fronte governativo e i fatti, purtroppo, ci danno ragione. Tra una cena e un conclave l’Esecutivo è impegnato in una serie di incontri conviviali tanto inutili quanto dilazionatori dei veri problemi sul tappeto: l’impoverimento dei cittadini a causa della politica vessatoria di Prodi e dei suoi ministri (in particolare di quel Tommaso Padoa Schioppa al quale di certo ogni istante del giorno fischieranno le orecchie per i pensieri, non certo affettuosi, che i cittadini gli rivolgono), la pessima qualità dei servizi (a cominciare dalla sanità), l’incapacità dei partiti di maggioranza di avviare le riforme. Quelle vere, quelle che servono ai cittadini, quelle che portano al federalismo. E’ tutta qui la terapia per curare il malato grave, cioè quelle istituzioni che dovrebbero essere al servizio del popolo e che invece finiscono per perseguitarlo. Il popolo, una parola con la quale gli esponenti dell’Unione, spesso a sproposito, si riempiono la bocca. “Serve un riformismo con il popolo e per il popolo” ha detto, tanto per citarne uno, il segretario dei Ds Fassino in una intervista a un quotidiano. Bene, diciamo noi: il popolo del Nord vuole il federalismo. Quando e come avete intenzione di darcelo? Perché la gente che lavora, le aziende che producono, la Padania, che tira la carretta dello sviluppo e dell’economia per sè e per gli altri, non ha ancora capito quando e come si arriverà all’unica e autentica riforma in grado di cambiare il sistema: la devoluzione dei poteri dallo Stato alle Regioni. Prodi e compagni adesso vanno a Caserta a discutere non si sa bene che cosa (ma non avevano fatto il programma elettorale enciclopedico proprio per mettere nero su bianco le cose da fare una volta al governo!) e, statene certi, per i cittadini saranno guai a non finire. Per un anno che finisce sotto il segno di una Finanziaria dai contenuti e dallo spirito proletario, un altro anno si apre all’insegna di una certezza: i Dracula che stanno a Palazzo Chigi non sono ancora soddisfatti e studiano nuove misure per togliere quel poco che ancora resta ai cittadini. Che però, con la più classica strategia dei governi antidemocratici, vengono distratti da altre false emergenze, come quella di una nuova legge elettorale. Lo avevamo detto che quella con la quale siamo andati a votare lo scorso anno non andava bene , così come diciamo adesso che il referendum abrogativo è un escamotage per far fuori le diversità politiche e territoriali che non vogliono farsi fagocitare da Roma ladrona e dai perversi giochetti dei soliti noti. Questa volta però è il Carroccio a dire no! Noi non annacqueremo mai le nostre sacrosante battaglie di libertà con la meschine aspirazioni di potere di questo o di quell’altro, noi non baratteremo mai la nostra storia e identità per qualche poltrona istituzionale o strapuntino di potere. Attenzione quindi, cittadini del Nord: dietro alla proposta di abrogare il premio di maggioranza alla coalizione, per darlo alla singola lista, ci sta l’ennesimo inganno. La politica e i suoi contenuti, qualche volta i suoi uomini, non sono né omologabili né assemblabili. Perché le idee hanno la loro forza e servono anche a differenziarci, gli uni dagli altri. La nostra idea, quella dei popoli della Padania, che da anni la Lega Nord rappresenta democraticamente, è il federalismo e nessuno potrà mai togliercela. Se qualcuno, tanto a destra quanto a sinistra, ha in mente giochetti di potere per annientarla o accantonarla se lo tolga dalla testa, non lo permetteremo. Dietro alle proposte di convenzioni sappiamo già cosa si cela: l’inciucio tra le forze politiche che, in nome della stabilità di governo, vogliono in realtà tarpare le ali ai movimenti liberi e dotati di autodeterminazione. Queste stesse forze politiche, più o meno apertamente, la scorsa primavera avevano messo in guardia il popolo dall’approvare la riforma costituzionale voluta dal Carroccio e approvata dai due rami del Parlamento. Il pretesto adotto era quella del caos che ne sarebbe derivato, dell’ingovernabilità che avremmo avuto. Ebbene, oggi i giochi sono chiari a tutti: si è voluto uccidere quella riforma, prima ancora che venisse alla luce, per paura che il potere passasse veramente nelle mani del popolo. Un omicidio premeditato della democrazia, del quale oggi tutti noi paghiamo le sciagurate conseguenze.
TRATTO DA La Padania del 12.01.07

LE BUGIE DI PALAZZO CHIGI

di Giacomo Stucchi

Il fallimento del seminario di Governo svoltosi a Caserta è sotto gli occhi di tutti. Non che qualcuno si aspettasse il contrario, a cominciare dal popolo campano che infatti ha accolto con una bordata di fischi i ministri convenuti alla Scuola Superiore della Pubblica Amministrazione, ma se non altro c’era nell’opinione pubblica una certa curiosità; quanto meno per verificare se le vacanze di Natale avessero portato consiglio all’esecutivo Prodi, suggerendogli una totale inversione di rotta nella conduzione dell’azione di governo. Ebbene, niente di tutto questo. Anzi, se è possibile crescono le preoccupazioni dei cittadini per le decisioni rinviate, soprattutto per quanto riguarda le riforme istituzionali e i provvedimenti economici, ma anche per gli annunci delle cose da fare, intrisi (come al solito) di parole ambigue e prive di concretezza. Per averne una prova basta fare uno “sforzo” e leggere sino in fondo un comunicato di Palazzo Chigi che dovrebbe contribuire a spiegare l’esito del seminario, e quindi le decisioni prese, e che invece dà un’idea di quanto ipocrita, qualunquista e inconcludente sia la maggioranza che regge il governo Prodi. “I Ministri partecipanti – si legge tra l’altro nel comunicato - hanno deciso di porre al centro dell'azione di Governo del 2007 il tema della crescita, una crescita di qualità ancorata alla sostenibilità ambientale, alla formazione, alla cultura, alla piena valorizzazione delle risorse umane e alla ricerca e l'innovazione. Solo attraverso una robusta e duratura crescita della ricchezza prodotta dal Paese è possibile infatti: completare l'azione di risanamento avviata con i provvedimenti varati nel corso del 2006 e con la legge finanziaria per il 2007; proseguire nella coesione della società italiana attraverso misure volte ad una maggiore giustizia ed equità sociale; colmare i divari di sviluppo e di qualità della vita delle diverse aree del Paese. Lo sforzo di attuazione della legge finanziaria, la collaborazione con il Parlamento nel seguire l'iterlegislativo dei provvedimenti già proposti così come le nuove iniziative del Governo ed il pieno utilizzo del metodo della concertazione saranno volti ad operare per la crescita lungo le seguenti direttrici: ricerca e istruzione; apertura dei mercati e difesa del cittadino consumatore e riforma delle autorità di regolamentazione; semplificazione amministrativa e tempi della giustizia; sviluppo delle infrastrutture e delle reti di mobilità; sviluppo del Mezzogiorno ed attuazione del nuovo quadro comunitario di sostegno 2007-2013; difesa del territorio e del mare e sviluppo delle energie rinnovabili; attrazione degli investimenti esteri e ristrutturazione di Sviluppo Italia; federalismo fiscale e codice delle autonomie; ricerca di una maggiore equità sociale ed intergenerazionale con la piena valorizzazione della famiglia, dei giovani e delle donne; apertura del tavolo con le parti sociali per la verifica e la modernizzazione dello stato sociale”. Ora, come è ovvio, non possiamo sapere chi materialmente ha redatto un simile testo ma chiunque lo abbia fatto la domanda è: chi diavolo volete continuare a prendere in giro? Per ragioni di spazio è impossibile confutare, in questo breve articolo, parola per parola il comunicato, tuttavia ci chiediamo di quale “crescita” vanno farneticando a Palazzo Chigi? Quando, come è noto, da quando Prodi è al Governo l’unica cosa che è cresciuta è l’imposizione fiscale! E poi, di quale “risanamento” parlano se è vero, come è vero, che sono state le misure del precedente governo a favorire un maggior gettito fiscale, in virtù del quale la stangata riservata ai cittadini con la Finanziaria 2007 poteva essere evitata. Annunciare poi di voler “colmare i divari di sviluppo e di qualità della vita delle diverse aree del Paese”, equivale davvero a raccontare una barzelletta. Ma come, non si fa altro che chiudere i cantieri delle grandi opere, o impedire di aprirne di nuovi, e poi parlano di sviluppo! Ma per favore, un pò di serietà. Ma il massimo dell’incoerenza, tra le cose che il Governo annuncia di voler fare e le sue azioni, sta nel maldestro tentativo di voler rilanciare il “metodo della concertazione”. Ma dico, si ricordano questi signori del Governo di essere stati fischiati, insieme ai loro compari sindacalisti, dagli operai di Mirafiori per non averli interpellati nemmeno sulla riforma del Tfr? Ma c’è di più e riguarda le due parole “federalismo fiscale”. Ecco, qui ogni cittadino del Nord dovrebbe saltare dalla sedia e urlare a Prodi tutta la sua rabbia per un Governo che, da quando si è insediato, non ha detto né fatto nulla per favorire il federalismo, salvo mettersi di traverso sulla strada della sua realizzazione. Infine, ma in questo caso l’indignazione è prima come cattolico e poi come uomo della Lega Nord, sostenere di volere “la ricerca di una maggiore equità sociale ed intergenerazionale con la piena valorizzazione della famiglia”, dopo tutto il can-can a favore dei Pacs, e di tutti quei provvedimenti che vanno esattamente nella direzione opposta, suona quasi come una bestemmia.

giovedì, gennaio 11, 2007

CONGRESSO DI MILANO, IL NORD IN PRIMO PIANO

di Giacomo Stucchi

Certa stampa politicamente maliziosa ha letto l’importante appuntamento del prossimo fine settimana, il congresso lombardo della Lega Nord, come un occasione per dirimere presunte competizioni nelle fila del Carroccio. Piaccio o no, le cose non stanno così. Il movimento leghista nasce, si sviluppa, e partecipa all’esperienza dei governi Berlusconi grazie all’opera infaticabile del segretario federale Umberto Bossi che indica la rotta da seguire al fine di raggiungere un unico obiettivo: il federalismo. Tutto il resto è consequenziale e funzionale a questo risultato. Sarebbe bene quindi che anche i cosiddetti osservatori dei fatti politici si rendessero conto una volta per tutte che per la Lega Nord e i suoi uomini, dai parlamentari ai consiglieri regionali, provinciali e comunali, dai sindaci ai presidenti di provincia, dai dirigenti ai militanti, dagli iscritti ai simpatizzanti, non esistono altri obiettivi. E’ un fatto talmente semplice che non dovrebbe essere necessario soffermarsi a spiegarlo. Come tutti i movimenti è ovvio che anche nella Lega si discute, ci si confronta e possono esserci posizioni diverse. Ma perché se questo avviene in un partito della Cdl o dell’Unione viene chiamato dibattito, mentre se succede in un assise del Carroccio diventa divisione? La verità è che a molti, nella maggioranza così come nell’opposizione, il fatto che i leghisti continuino a perorare la causa del federalismo non va giù. Soprattutto perché un federalismo compito si tradurrebbe in una rivoluzione costituzionale senza precedenti. Un simile epocale cambiamento, a maggior ragione per chi è abituato ad essere riformista solo a parole, non è mai andato a bene a coloro che hanno sempre visto nel trasferimento dei poteri da Roma alla periferia una perdita della loro capacità di controllo e di interdizione in tutti i campi della vita sociale e dello sviluppo economico: dai trasporti alla sanità, dalle grandi opere pubbliche alle attività culturali, dalla sicurezza dei cittadini alle politiche scolastiche. Ecco perché, per i fautori del potere centralista a tutti i costi, tanto di destra quanto di sinistra, sarebbe auspicabile una Lega Nord divisa e indecisa sulla strada da seguire. Ed ecco perché commentatori ed editorialisti compiacenti non perdono occasione per mettere in cattiva luce il Carroccio nel maldestro tentativo di rendere sempre più in salita la lotta per il federalismo. Ma per loro disgrazia, e per fortuna dei cittadini del Nord, questo rischio non esiste. Anzi, è vero esattamente il contrario. Come si può evincere anche da una rapida lettura delle biografie dei parlamentari, pubblicate sui siti di Camera e Senato, il Carroccio ha portato in Parlamento la più giovane classe politica in assoluto. Ciò significa che il movimento, e per primo il suo segretario federale Umberto Bossi, guarda al futuro e non al passato, alle cose da fare e non alla contemplazione dei risultati ottenuti. Naturalmente ciò non significa rinunciare all’esperienza, tanto di chi è stato al governo quanto di chi ha vissuto un esperienza parlamentare, perchè capacità e personalità che hanno saputo affrontare le tante sfide del passato servono adesso a vincere quelle del futuro. Mai come oggi la Padania e i suoi popoli hanno bisogno infatti di una maggiore rappresentanza leghista a tutti i livelli istituzionali. Perché più Lega Nord e più federalismo significano lotta senza quartiere ai restauratori dell’ancienne regime rappresentato dalla Prima Repubblica. Sono passati molti anni dalle prime battaglie del Carroccio ma ci vediamo costretti dai fatti a fare le medesime rivendicazioni del passato. Se negli ultimi anni qualcosa stava cambiando, oggi, con l’avvento di un governo statalista nelle mani dei comunisti (che come è noto stanno al liberalismo come il diavolo all’acqua santa), esiste invece il concreto rischio di un ritorno al passato. L’assise lombarda della Lega Nord, al di là dei nomi e delle individualità che vi prenderanno parte e che l’animeranno, è importante perché rappresenta una delle poche occasioni, se non l’unica, in cui il Nord, con le sue città e province, coi suoi cittadini e le sue imprese, coi suoi giovani e anziani, e con le rappresentanze di tutte le categorie sociali, ha la possibilità di interrogarsi sul proprio futuro e sulla strada che intende intraprendere sotto la guida di Umberto Bossi.