Giacomo Stucchi - Senatore Lega Nord Padania -

PENSIERI E IMMAGINI: vi presento il mio blog. Un modo per tenermi in contatto con gli elettori, con gli amici e con tutti coloro che, anche con opinioni diverse dalle mie, desiderano lasciare un loro commento. Grazie.

martedì, maggio 30, 2006

PER PRODI NESSUNA "LUNA DI MIELE"

di Giacomo Stucchi


Il pessimo esordio del centrosinistra al governo, caratterizzato da una straordinaria dimostrazione di attaccamento alle poltrone e da un caos totale nell'attribuzione delle competenze, ha di certo influito sul risultato elettorale delle amministrative che se da un lato riconsegna all'Unione alcune città, come Torino, Roma e Napoli, dall'altro non determina lo sfondamento né a Milano né in Padania. Per la Lega poi ci sono motivi di soddisfazione per la riconferma o la nuova elezione di molti amministratori del Carroccio. Ma al di là dei numeri, c'è un dato che possiamo sicuramente cogliere e che dice che a vincere nelle grandi città sono le personalità dei sindaci uscenti ma non certo il presidente del Consiglio in carica. In altre parole, Prodi non costitutisce alcun valore aggiunto e anzi dove è andato a fare campagna elettorale ha fatto più danno che altro: all'assemblea della Confindustria, chissà perchè poi convocata a Roma e non in Padania dove vivono e operano la maggior parte delle imprese, non ha suscitato né interesse né entusiasmi; in Sicilia, dove è andato per supportare la candidata dell'Unione, Rita Borsellino, alla presidenza della Regione, non ha né galvanizzato né convinto nessuno. Che il Professore non fosse portato a scaldare gli animi di elettori e cittadini se ne erano accorti un pò tutti, persino i suoi alleati del centrosinistra, ma che addirittura non riuscisse nemmeno ad iniziare la cossiddetta "luna di miele" con il Paese, ovvero quel mix di aspettativa e fiducia che si crea sempre nel rapporto tra il neo eletto e il popolo, almeno nei primi cento giorni di governo, nessuno lo avrebbe immaginato. Non è ancora passato un mese dall'insediamento del nuovo presidente del Consiglio che già la sua popolarità è ben al di sotto della media e del resto alle amministrative soltanto l'alto astenzionismo, che in genere penalizza il centrodestra, ha impedito che molte città andassero alla Cdl. Prodi non entusiasma ma deprime, non fa sognare ma fa venire gli incubi, non fa immaginare il futuro in positivo ma fa pensare al passato con angoscia. Insomma, una vera tragedia. Gli industriali, pur essendo in gran parte favorevoli al centrodestra (come ha dimostrato l'ovazione riservata a Berlusconi nella riunione di Vicenza), sono andati all'auditorium romano per ascoltarlo, ubi maior minor cessat, ma il Professore ha prospettato loro ricette economiche astruse e dai risultati incerti. Ha parlato come può fare un burocrate di Stato che non ha mai guidato una sua azienda, assumendose oneri ed onori, ma ha sempre preso decisioni senza assumersi alcun rischio nè responsabilità. La famigerata riduzione del "cuneo fiscale", ovvero l’incidenza delle imposte e dei contributi sociali sul costo del lavoro, annunciata in campagna elettorale come la Panacea di tutti i problemi, si rivela già una bufala nè facile da realizzare nè utile, per le sue conseguenze, tanto ai lavoratori quanto alle imprese. Prodi ha tentato di spacciarla agli industriali come punto cardine del suo programma economico a beneficio delle imprese ma nessuno gli ha creduto e per questo non è stato applaudito più di tanto.
Altro che “luna di miele”, in molti già oggi auspicano un divorzio rapido.

lunedì, maggio 22, 2006

A PALAZZO CHIGI UNA TORRE DI BABELE

di Giacomo Stucchi

Chissà a cosa si riferiva Prodi quando in tv prometteva un pò di "felicità". Forse a quella che in questo momento provano i suoi accoliti che, dopo la spartizione di poltrone e strapuntini, di certo sono gli unici ad averci guadagnato dalla nascita dell'attuale governo. Per tutti gli altri cittadini invece l'esecutivo Prodi resta un incubo, che però siamo sicuri finirà molto presto. Ma intanto bisogna evitare che questi sconsiderati dell'Unione facciano più danno di un caterpillar. Le premesse ci sono tutte: massima confusione su ogni questione, dalla politica estera a quella economica, e impossibilità di sapere esattamente chi fa cosa nel governo appena insediato. Una situazione surreale la cui drammaticità è stata colta subito dalle massime cariche istituzionali che, dal presidente dellla Repubblica Napolitano a quello del Senato Marini, si sono già preoccupati di chiedere il soccorso dell'opposizione. In particolare, il primo per un rinnovato impegno sul piano europeo, dove nostro malgrado le vicende interne non sfuggono di certo a chi di dovere e sono anzi oggetto di osservazione speciale; il secondo, per un auspicata intesa con la Cdl sull'agenda politica delle prossime settimane. E già perchè adesso che si fa sul serio, da un lato con la nomina dei presidenti di Commissione dei due rami del Parlamento, dall'altro con i primi provvedimenti da inserire all'ordine del giorno dei lavori di Camera e Senato, esiste la concreta possibilità che la coalizione di centrosinistra crolli sotto il peso delle sue stesse contraddizioni. Che consistono nella mancaza dei "numeri" al Senato ma, soprattutto, nell'evanescenza di un programma condiviso che non sia limitato solo al mantenimento a tutti i costi del potere. "Chi è causa dei suoi mali, pianga se stesso", recita un vecchio ma sempre valido proverbio che si addice perfettamente alla situazione. Prodi ha sempre detto che con questa coalizione, che spazia dai Verdi ai Comunisti italiani, dalla Margherita ai Ds, da Di Pietro a Mastella, dai no global a Luxuria, sarebbe stato possibile governare e affrontare adeguatamente i problemi del Paese. Ebbene, da quel che si vede, per ora al neo presidente del Consiglio non è rimasto altro che andare in bicicletta nella sua Bologna per scappare dalla Torre di Babele che è diventato Palazzo Chigi. Non c'è un solo ministro d'accordo con quanto dice un suo collega: c'è chi vuole il ponte sullo Stretto e chi no; chi vuole ritirare i nostri operatori di pace in Iraq e Afghanistan subito e chi invece gradatamente e d'intesa coi governi locali; chi vuol aumentare le tasse e chi invece eliminare l'Irap; chi vuol portare avanti le opere pubbliche e chi vorrebbe bloccarle in nome di un falso ambientalismo. E ancora, chi vuole che vengano scontate le pene e chi spinge l'acceleratore per approvare provvedimenti di clemenza; chi vuol eliminare la legge Gasparri, ma senza dire con che cosa sostituirla, e chi vuol chiudere i centri di prima accoglienza per gli extracomunitari senza spiegare però dove queste persone dovrebbero essere identificate. Insomma, se non è il caos totale poco ci manca; né ci consola l'essere stati facili profeti di un disastro annunciato. Perchè a farne le spese di tutto questo saremo tutti noi.
Le imprese, da quelle grandi a quelle piccole e medie, hanno bisogno di certezze. Hanno necessità di sapere quale sarà la politica fiscale del governo e quali gli incentivi alla produzione. I cantieri per le grandi opere pubbliche invece devono sapere se chiudere i battenti o assumere nuovi operai, perchè un giorno un ministro dice che si va avanti mentre quello dopo un suo collega sostiene il contrario. Intanto, ad ogni passo falso del governo (già parecchi nonostante i pochi giorni di vita) le azioni di importanti società quotate in borsa vanno giù.
E allora, che fare? Di certo evitare di togliere le castagne dal fuoco a Prodi e al suo governo. Rifiutando senza indugi, per esempio, l'offerta fatta alla Cdl di presidenze di Commissioni alla Camera e al Senato. Si tratta di una trappola e bene ha fatto Berlusconi a bollarla senza mezzi termini come "elemosina", alla quale peraltro il Carroccio in primis non è per niente interessato. Il centrosinistra ha mostrato i muscoli quando si è trattatto di accapararsi le più alte cariche dello Stato, ebbene adesso faccia altrettanto per andare avanti. Se Prodi vorrà restare in sella sarà costretto a far presenziare in ogni seduta al Senato gli ottantenni senatori a vita che sono determinanti per la sua maggioranza, certo uno strano destino per chi in campagna elettorale aveva promesso di voler contare soprattutto sui giovani.

venerdì, maggio 19, 2006

NELLE MANI DEI SENATORI A VITA

di Giacomo Stucchi

Il governo Prodi ha avuto la fiducia al Senato solo perchè un indomito gruppo di illustri ottuagenari interpreta il proprio ruolo istituzionale in un modo che definire forzato rispetto alla Costituzione è un eufemismo. La carica di senatore a vita infatti fu prevista dai costituenti come riconoscimento a tutti gli ex presidenti della Repubblica ma anche a chi ha onorato la Patria con il proprio esempio di vita. E' probabile che mai e poi mai nessuno di coloro che hanno contribuito a scrivere la carta costituzionale avrebbe immaginato che un governo potesse reggersi in piedi solo con il voto determinante dei senatori a vita; ciò che invece sta puntualmente accadendo in alcuni importanti passaggi istituzionali previsti dal nostro ordinamento, come l'elezione del presidente del Senato e il voto di fiducia al governo. A trarre vantaggio da questa situazione è sempre una sola parte politica, il centrosinistra. In pratica ciò che le urne hanno determinato, e cioè un Paese spaccato a metà sul piano politico ed elettorale, è stato invece interpretato dall'Unione come un disco verde ad accapararsi tutto. Il Professore sta a Palazzo Chigi perchè pochi parlamentari, non eletti dal popolo ma nominati a vita, stanno esercitando la loro carica onorifica in un modo squisitamente politico, determinando di fatto un esercizio del potere da parte di una coalizione di partiti che altrimenti al Senato non avrebbe i numeri per governare. Questa situazione, sta cominciando a far venire il voltastomaco agli elettori, a quelli di destra ma anche a molti altri di sinistra, per il fatto che non solo il voto dei senatori a vita continua ad essere determinante ma anche perchè passano le settimane ma, tra una cerimonia e l’altra, non c’è verso di cominciare a lavorare. L’andirivieni dagli uffici dei Santi Apostoli di ministri e sottosegretari in pectore, tronfi per aver vinto, anche se di un soffio, le elezioni è andato avanti per un mese (durante il quale il Professore non ha fatto altro che ripetere “ho la lista in tasca”) e ha dato ai cittadini l’idea di che cosa sia l'Unione: un accozzaglia di partiti, peraltro divisi al loro interno, avente come unico collante prima l’antiberlusconismo e adesso l’attaccamento alle poltrone. Chi non ricorda le facce di Fassino, Rutelli, Pecoraro Scanio, Di Pietro, Giordano che per cinque anni hanno denunciato tutto ciò che a loro dire non andava nel nostro Paese? Dai trasporti all’aumento dei prezzi, dal traffico cittadino all'inquinamento ambientale, sembrava che il tracollo fosse imminente. E adesso? Adesso non ci si lamenta più. Tutto "va bene" e siamo in attesa che Prodi, dopo aver smesso di partecipare a feste e festini per celebrare la "vittoria", cominci seriamente a fare qualcosa. Ma cosa? E già perchè il punto è proprio questo: da dove far cominciare il neonato governo senza rischiare di farlo cadere già ai primi passi? Di certo non possiamo aspettarci molto perchè saranno i mille veti incrociati a condizionare negativamente l’operato del governo; da quest'ultimo pretendiamo però almeno una corretta campagna di informazione sui temi oggetto del prossimo referendum costituzionale. Delle malefatte dell'esecutivo ci occuperemo senza sosta nel prossimo futuro ma adesso ciò che conta sono le immediate scadenze elttorali: quella amministrtiva, con il rinnovo dei mandati a sindaco in importanti città, e quella referendaria che deve essere portata avanti senza propaganda e preconcetti. Di maggiore informazione in tal senso si sente un gran bisogno dal momento che tra i cittadini, che di solito non hanno il tempo per aggiornarsi quando le notizie sono a portata di mano figuriamoci poi se invece quest’ultime mancano, in pochi sanno con precisione qual è la posta in palio. Ecco perchè il Carroccio denuncia un insufficiente livello di attenzione, sia da parte delle istituzioni sia degli organi di informazione.

giovedì, maggio 11, 2006

L’UNIONE NELLA TRADIZIONE COMUNISTA

di Giacomo Stucchi

Se l’elezione del Capo dello Stato può dirsi archiviata dal punto di vista istituzionale, nel senso che sono state espletate tutte le procedure previste dalla nostra Costituzione, altrettanto non può dirsi sul piano politico dove rimangono al momento aperte una serie di questioni. In primo luogo, sul metodo unilaterale scelto dal centrosinistra per individuare il candidato alla Presidenza. E’ ormai chiaro infatti a tutti i cittadini come una elezione parlamentare super partes, qual è stata negli ultimi anni quella del presidente della Repubblica, è stata invece utilizzata dall’Unione per mettere a posto tutte le caselle del potere dopo la risicata vittoria alle Politiche dello scorso aprile. Le tre maggiori cariche istituzionali dovevano essere spartite tra le tre maggiori componenti della coalizione e così è stato; non restava spazio quindi per “garanzie istituzionali” o scelte bipartisan. Per la verità già all’indomani delle elezioni politiche eravamo certi che le cose sarebbero andate esattamente così e quindi non abbiamo avuto sorprese a riguardo. Anche perché bisogna considerare che se Prodi non fosse riuscito a mettere gli uomini più rappresentativi dell’Unione ai vertici del potere non avrebbe poi avuto modo di accontentare le altre compenti minori che, da Mastella a Pecoraro Scanio, dalla Bonino a Di Pietro, sono già da un mese dietro la porta del Professore a rivendicare la loro poltrona. Quindi non poteva che andare così anche se, e veniamo al secondo punto, il comportamento del centrosinistra appare istituzionalmente scorretto almeno per due ragioni: a) la risicatissima vittoria elettorale b) la necessità di fare ulteriori verifiche sui risultati elettorali. Immaginiamo infatti per un momento che le Commissioni parlamentari competenti, sia pur tra un po’ di tempo, diano ragione alle istanze della Cdl per la quale esistono fondati, seri e incontrovertibili motivi per ritenere che la vittoria attribuita all’Unione per una manciata di voti sia quanto meno discutibile. Ebbene, non sfugge a nessuno la grave crisi istituzionale che ne deriverebbe. Ma c’è un altro aspetto politico che vale la pena di considerare e che sono certo diventerà il leit motiv delle prossime settimane: il ruolo dell’opposizione, ovvero l’atteggiamento che la Cdl ha già assunto fuori e dentro il Parlamento per far emergere, e non ci vuole poi tanto, tutte le contraddizioni che prima o poi faranno deflagrare questa aleatoria maggioranza. In altre parole, è stato rimproverato al centrodestra di aver scelto, già nei primi passaggi istituzionali della legislatura, il muro contro muro nei rapporti con la maggioranza di governo. A questi pacificatori dell’ultima ora vorrei ricordare che nel 2001 la vittoria di Berlusconi, nonostante non ce ne fosse alcun motivo dato il chiaro risultato delle urne, non è mai stata pienamente legittimata e riconosciuta dall’altra parte politica. Tanto è vero che in tutti i cinque anni di governo non c’è mai stato un provvedimento, anche il più semplice e lineare, sul quale il centrosinistra non abbia fatta una feroce opposizione, alzando sempre le barricate. Ora, si può essere più o meno d’accordo con la politica di un governo ed è comprensibile che gli si vada contro se non lo si condivide politicamente, ma ciò che appare irresponsabile è mettere in secondo piano l’interesse del Paese rispetto alle esigenze di parte. Per cinque anni l’Unione, pur di salvaguardare l’apparente unità della coalizione, si è messa sotto le scarpe il bene dei cittadini quando si trattava di difenderlo; come per esempio nel caso delle nostre missioni di pace all’estero o quando si trattava di fare quelle riforme che, piacciano o meno, dovranno comunque essere fatte se non si vuole mandare tutto alla malora. L’essersi accaparrate tutte le poltrone, senza rispettare l’altra metà del Paese che non ha votato Prodi e compagni, ha quindi rispettato a pieno la tradizione comunista di occupazione del potere. Il guaio è che siamo solo all’inizio.